La
BHAGAVAD GITA o “Canto del Beato” è considerata il Vangelo dell’India, l’essenza di tutta la filosofia indiana. Essa è parte del VI libro (Bhismaparvan) del Mahabharata, la grande epopea indiana attribuita al saggio Vyasa ove è narrata la guerra civile che ebbe luogo nell’India settentrionale sul campo di Kurukshatra tra i due rami della stirpe regnante di Hastinapura. Essa è fatta risalire al V sec. a. C. Sebbene costituisca solo una piccola parte del Mahabharata, essa è ritenuta in India un’opera a sé stante di grande valore dove il riferimento alla guerra reale diventa simbolo del conflitto interiore esistenziale. Al centro delle innumerevoli vicende narrate nel Mahabharata c’è il conflitto tra i Pandava (i figli del re Pandu) e i loro cugini Kaurava (i figli di Dhritarashtra, il re cieco), gli usurpatori del regno. Da un punto di vista interiore il poema descrive il conflitto che avviene in ogni essere umano tra gli impulsi evolutivi (i figli dell’intelligenza) e gli impulsi degenerativi (i figli della cieca sensualità). La Bhagavad Gita inizia con l’immagine dei due eserciti, quelli dei Pandava e quelli dei Kaurava, schierati l’uno di fronte l’altro, pronti ad iniziare la battaglia finale per la conquista del regno. Di fronte all’idea di uccidere i propri parenti e amici, il virtuoso guerriero Arjuna (uno dei cinque Pandava) è preso dallo sconforto e si rifiuta di combattere. Il suo Guru, il dio Visnu incarnato nella figura di Krishna, dissipa i suoi dubbi, lo illumina riguardo ai suoi doveri e gli mostra la via delle tecniche mistiche dello yoga per raggiungere la meta suprema della vita. La Bhagavad Gita si compone di circa 700 versi (sloka) suddivisi in 18 capitoli (adhyaya):
Canto I - Lo sconforto di Arjuna.
Canto II - La realizzazione secondo il Samkhya.
Canto III - Karma Yoga.
Canto IV - Jnana Yoga.
Canto V - La rinuncia delle azioni.
Canto VI - La meditazione.
Canto VII - Lo Yoga della conoscenza.
Canto VIII - Il Brahman.
Canto IX - La conoscenza suprema e il supremo segreto.
Canto X - Le manifestazioni della potenza.
Canto XI - La visione della forma universale.
Canto XII - Bhakti Yoga.
Canto XIII - La distinzione tra il campo ed il conoscitore del campo.
Canto XIV - Trascendere i guna.
Canto XV - Il Purusha supremo.
Canto XVI - La natura divina e la natura demoniaca.
Canto XVII - I tre tipi di fede.
Canto XVIII - Liberazione e rinuncia.
Canto I - LO SCONFORTO DI ARJUNA
Dhrtarashtra disse:
1. O Sanjaya, che cosa hanno fatto i miei figli e quelli di Pandu quando sul campo del dharma (dharmaksetra), il sacro campo dei Kuru (kurukshetra), si fronteggiarono in assetto di guerra?
Sanjaya disse:
2. Quando tuo figlio Duryodhana vide schierato l’esercito dei figli di Pandu andò dal suo maestro (acarya), Drona e così gli parlò:
3. “O maestro, guarda la possente armata dei figli di Pandu raccolta dal tuo saggio discepolo, il figlio di Drupada.
4. Ecco i possenti eroi, i valenti arcieri pari in battaglia a Bhima e Arjuna; Yuyudhana, Virata e Drupada dal grande carro.
5. Dristaketu, Cekitana, il re di Kasi e il possente Purujiit; suo fratello Kunti-bhoja e il poderoso Saibya.
6. Il valoroso Yudhamanyu e UIttamaujas, il figlio di Saubhadra e i figli di Draupadi, tutti grandi guerrieri.
7. Ora per la tua conoscenza, o migliore fra i nati due volte, ti parlerò di chi eccelle fra noi; ti dirò dei capi del mio esercito:
8. Tu stesso, anzitutto, mio maestro; poi il vecchio e saggio Bhisma, quindi Karna e il vincitore di battaglie Kripa, Asvatthama e mio fratello Vikarna e anche il figlio di Somadatta.
9. E vi sono molti altri eroici guerrieri pronti a dare la vita per me; tutti sono armati in modo diverso e tutti sono esperti nell’arte della guerra.
10. La nostra armata al comando di Bhisma sembra insufficiente, mentre la loro retta da Bhima sembra poderosa.
11. Perciò schieratevi ben saldi nelle vostre postazioni e lottate per Bhisma”.
12. Ed ecco che, per spronare l’istinto di lotta di Duryodhana, il patriarca Bhisma, il progenitore della stirpe dei Kuru, soffiò così forte nel proprio corno da farlo ruggire come un leone.
13. Rullarono quindi i tamburi di guerra, si udirono i suoni dei cembali e delle trombe e il fragore di corni e conchiglie si alzò nel cielo provocando un gran frastuono.
14. Allora alla guida del loro glorioso carro trainato da cavalli bianchi, il Madhava Krishna e Arjuna, figlio di Pandu, risposero alla sfida soffiando nelle loro conchiglie divine.
15. Hrsikesa suonòil suo pancajanya, Dhanamjaya il suo devadatta e il prode Bhima dal ventre di lupo nella sua grande paundra.
16. Il re Yudhishthira soffiò nella sua anantavijaya; Nakula e Sahadeva suonarono i loro sughosha e manipushpaka.
17. Il re di Kasi, valente arciere, e Sikhandi dal grande cocchio, Drishtadyumma e Virata e l’invincibile Satiaki,
18. quindi il re Drupada e i figli di Draupadi, e Saubhadra dalle possenti braccia, tutti insieme risuonarono, o Signore detta Terra, ovunque le loro conchiglie di guerra.
19. Il suono, al cui fragore echeggiarono la terra e il cielo, straziò il cuore dei figli di Dhrtarastra.
20. Allora Arjuna, il cui stendardo raffiugrava l’emblema della scimmia Hanuman, dopo aver visto i figli di Dhrtarastra pronti al combattimento, sollevò alto il suo arco e disse:
Arjuna disse:
21. “O immutabile Krishna, guida il mio carro tra i due eserciti,
22. così che io possa vedere questi guerrieri pronti a combattere e sapere con chi di loro dovrò misurarmi.
23. Da lì voglio vedere quelli che sono giunti sin qui desiderosi di lottare per il volere di Duryodhana, lo sciagurato figlio di Dhrtarashtra”.
Sanjaya disse:
24. A tali parole di Arjuna, Krishna guidò il glorioso carro e lo dispose tra i due eserciti schierati.
25. e, dinnanzi a Bhisma e Drona e agli altri condottieri reali disse: “Osserva, o Arjuna, le schiere dei discendenti di Kuru qui radunati”.
26. E Arjuna vide in entrambe gli eserciti, padri e nonni, i maestri, gli zii, i fratelli, i figli, i nipoti ed anche i compagni,
27. e ancora i suoceri, gli amici, a faccia a faccia nei due eserciti. E Quando Arjuna, il figlio di Kunti, vide adunati in quel modo tutti quei parenti,
28. mosso da pietà e con l’animo turbato disse: “O Krishna, quando vedo le mie genti in attesa del combattimento,
29. le mie membra cedono e la mia bocca si secca, il corpo trema e i miei capelli si rizzano,
30. dalla mia mano mi cade il sacro arco Gandiva, la mia pelle brucia; non mi reggo più in piedi e vedo vacillare la mia mente.
31. Avverto presagi di sciagura, o Krishna, e non prevedo alcun bene se in battaglia uccido la mia gente.
32. Non ho alcun desiderio di vittoria, non aspiro a un regno né ai piaceri. A cosa possono servirci, o Govinda, un regno, i piaceri e la vita stessa?
33. Proprio coloro per i quali desideriamo il regno, i piaceri e la felicità, sono ora schierati qui per combattere, pronti a lasciare le ricchezze e la vita:
34. maestri, padri e figli; nipoti,nonni e cognati, zii e suoceri e altri parenti,
35. o Madhusudana, o distruttore dell’ignoranza, neanche se essi volessero uccidermi, io vorrei la loro morte, nemmeno in cambio del regno dei tre mondi e, a maggior ragione, del regno della sola terra.
36. O Janardana, o tu che esaudisci le preghiere, anche se uccidessimo questi uomini malvagi, il male ricadrebbe su di noi: quale gioia potremmo mai ricavare noi dalla loro morte?
37. Io non posso uccidere i miei congiunti, i figli del re Dhrtarashtra, fratello del mio stesso padre. O Mahadava, o sposo della Madre, quale mai felicità potrebbe scaturire dall’uccisione dei nostri cari?
38. Anche se essi, con la mente accecata dalla cupidigia, non riconoscono il male nel distruggere le famiglie né la colpa nel tradire gli amici,
39. come potremmo noi, che siamo invece consapevoli, non sottrarci a questa terribile impresa?
40. La distruzione della famiglia porta con sé la perdita delle tradizioni e del senso del dovere (dharma) che la sostengono.
41. E quando prevale il disordine, le donne, che devono sanamente perpetuare le progenie, diventano corrotte e dalla corruzione delle donne nasce la confusione delle caste (varna), o Varsneya, o Krishna.
42. Questa confusione trascina la famiglia e coloro che l’hanno distrutta nell’abisso, e così pure gli spiriti dei loro morti, privati delle offerte rituali, affondano nel dolore.
43. A causa degli errori commessi da chi distrugge la famiglia e genera la confusione fra le caste, gli eterni dharma della casta e della famiglia vanno perduti.
44. O Janardana, spesso abbiamo udito che gli uomini privi di sostegno del dharma familiare sono destinati a dimorare nell’abisso.
45. Ahimè, stiamo cadendo in una grave colpa perché siamo in procinto di uccidere la nostra gente per brama del piacere e del potere.
46. Meglio per me sarebbe se i figli di Dhrtarashtra, con le armi in pugno, mi cogliessero inerme e arreso e mi uccidessero nel mezzo della battaglia”.
Sanjaya disse:
47. Così parlò Arjuna sul campo di battaglia e, lasciati cadere arco e frecce, si adagiò sul fondo del carro, con l’animo colmo di disperazione e di angoscia.
Canto II - LA REALIZZAZIONE SECONDO IL SAMKHYA
Sanjaya disse:
1. Krishna (Madhusudana, il Distruttore dell’ignoranza), vedendo Arjuna con le lacrime agli occhi sopraffatto da pietà e sconforto, così gli parlò:
Krishna disse:
2. O Arjuna, da dove viene la tua debolezza in questo difficile momento? Essa è indegna di un ario e non conduce al cielo.
3. O figlio di Pritha, non cedere a questo vile sentire, indegno di te. Sorgi, o distruttore dei nemici, e affrancati da questa meschina debolezza.
Arjuna disse:
4. O Distruttore dell’ignoranza, come posso scagliare le mie frecce contro Bhisma e Drona, entrambi degni del mio rispetto?
5. Meglio vivere nel mondo da mendicante che uccidere i miei maestri. Dare la morte a loro, pur se avidi di guadagno, sarebbe per me una vittoria macchiata del loro sangue.
6. E non possiamo saper se, per noi, sia preferibile la nostra o la loro vittoria. Davanti a noi sono schierati i figli di mio zio Dhrtarashtra: dovremmo continuare a desiderare di vivere anche dopo la loro morte?
7. Per questo mio debole sentimento tutto il mio essere è smarrito e la mia mente non comprende il dharma (dovere); ti chiedo di dirmi qual è la condotta migliore. Sono tuo discepolo, in te cerco rifugio: istruiscimi.
8. In questo momento né il regno in terra, né il regno degli dei in cielo potrebbero liberarmi dalla disperazione.
Sanjaya disse:
9. Avendo così parlato, Arjuna soggiunse: “Io non combatterò, o Krishna”. Poi rimase in silenzio.
10. Krishna sorrise e così si rivolse ad Arjuna, a colui che era afflitto in mezzo ai due eserciti:
Krishna disse:
11. Ti affliggi per quello che non dovrebbe essere rimpianto, e tuttavia parli bene. I saggi non si affliggono né per coloro che vivono né per coloro che muoiono.
12. Né mai vi è stato tempo in cui io non fossi né tu né questi prìncipi, né in futuro cesseremo di essere.
13. Come l’anima incarnata in un corpo passa attraverso l’infanzia, la giovinezza e la vecchiaia, così essa passa in un altro corpo; l’uomo che ciò conosce non prova smarrimento.
14. Dal mondo dei sensi, o Arjuna, vengono il caldo e il freddo, il piacere ed il dolore. Essi vengono e vanno e sono impermalenti. Accettali, o spirito forte.
15. L’uomo che non è turbato da essi che rimane equanime e fermo nel piacere e nel dolore è degno per l’immortalità.
16. Non può esistere qualcosa che non sia eterno e ciò che è eterno non può cessare di esistere. I veggenti sanno che questa è la verità.
17. Sappi che Quello da cui tutto si è irradiato è indistruttibile. Nessuno può causare la distruzione di ciò che è eterno.
18. Tutti i corpi sono perituri, ma l’anima che dimora in essi è eterna, indistruttibile. Combatti dunque, o discendente di Bharata.
19. Chiunque si creda capace di uccidere o capace di essere ucciso non conosce la verità. L’anima non può uccidere e né essere uccisa.
20. L’anima mai nasce e mai muore. Essendo sempre stata , non può cessare di essere. E’ senza nascita, eterna, permanente, immutabile, non è uccisa neppure quando il corpo viene ucciso.
21. Colui che sa che l’anima è eterna, immutabile e indistruttibile, come può quell’uomo uccidere o essere ucciso a sua volta?
22. Come un uomo si disfa dei vecchi abiti e ne indossa dei nuovi, così l’anima incarnata lascia il suo corpo mortale logoro ed entra in uno nuovo.
23. Le armi non possono ferire anima, né il fuoco bruciarla, né l’acqua bagnarla, né il vento disseccarla.
24. L’anima non può essere trafitta, non può essere bruciata, né bagnata, né disseccata. Essa è perenne, onnipresente, immobile e costante: è eternamente la stessa.
25. L’anima è immanifesta, inconcepibile e immutabile: conoscendo ciò non devi più affliggerti.
26. E se anche pensassi che l’anima nasce e muore incessantemente, o Mahabahu, o tu dalle braccia possenti, non dovresti più affliggerti,
27. perché in verità sicura è la morte per chi è nato e sicura è la nascita per chi è morto. Perché affliggerti dunque per ciò che è inevitabile?
28. L’esistenza di tutte le creature è immanifesta all’origine, manifesta nel mezzo e di nuovo immanifesta alla fine, o discendente di Bharata. Perché dunque affliggersi?
29. Uno vede l’anima come una meraviglia, un altro come di una meraviglia ne parla, un terzo come di una meraviglia ne sente parlare, ma nessuno la conosca veramente.
30. Ciò che dimora nei corpi di ciascuno è eterno e invulnerabile. Non affliggerti dunque per alcuna creatura.
31. E poi anche considerando il tuo proprio dharma, non dovresti esitare. Per un guerriero non vi è niente di meglio che di una giusta battaglia.
32. Felici i guerrieri a cui si offre spontanea l’occasione di combattere una siffatta battaglia; ciò apre ad essi la porta del cielo.
33. Ma se tu rifiuterai questo compito, venendo meno al tuo dovere (dharma), cadrai in errore e macchierai il tuo onore.
34. Tutti parleranno per sempre della tua infamia. E, per un uomo d’onore, il disonore è peggio della morte.
35. I grandi guerrieri diranno che hai rinunciato a combattere per paura e dalla stima che ti avevano dato andrai incontro al loro disprezzo.
36. I tuoi nemici ti insulteranno e screditeranno il tuo valore. Cosa può esserci di più penoso?
37. Se sarai ucciso in combattimento, ascenderai al cielo; se vincerai, godrai le gioie terrene. Sorgi dunque, o figlio di Kunti, deciso a combattere!
38. Egualmente equanime nel piacere come nel dolore, nel successo come nel fallimento, nella vittoria come nella sconfitta, preparati dunque a combattere. Così non potrai commettere errore.
39. Questa è la suprema verità del Samkhya; ascolta ora la saggezza dello Yoga, grazie alla quale, o figlio di Pritha, spezzerai le catene del karma.
40. In questa disciplina, nessuno sforzo va perduto e non c’è difficoltà; anche un poco di questa pratica allontana dalla paura.
41. Meditante questa pratica, o amata progenie dei Kuru, la mente concepisce un'unica risoluzione. Un uomo irrisoluto disperde invece la propria determinazione in mille pensieri senza fine.
42. Gli ignoranti che pretendono di seguire i Veda, o figlio di Pritha, pronunciano parole fiorite: al di fuori di questo altro non c’è.
43. Pieni di desiderio e con la mente rivolta esclusivamente al cielo predicano la rinascita come frutto dell’azione e prescrivono molti riti speciali per ottenere il potere e il godimento.
44. La mente di coloro che perseguono il piacere e aspirano al potere è scevra di discernimento né ferma nel samadhi.
45. I Veda parlano dei tre Guna; liberati, o Arjuna, dalle tre qualità e dalle dualità. Sii fermo in sattva, con la mente libera dall’acquisire e dal conservare, dimora nella verità della tua Anima.
46. Come un pozzo diventa inutile in una terra inondata dalle acque, così i Veda sono inutili per un brahmana illuminato.
47. Tu hai certamente il diritto ad agire, ma non quello di godere dei frutti delle azioni. Non compiere mai le tue azioni per il desiderio di goderne i frutti e non nutrire attaccamento per l’inazione.
48. O conquistatore della ricchezza, saldo nello Yoga, compi le tue azioni privo di attaccamento, sii eguale nel successo e nel fallimento: il perfetto equilibrio interiore si chiama Yoga.
49. L’azione compiuta per ottenere ricompensa ha un valore molto inferiore all’azione disinteressata guidata dall’intelligenza . Prendi quindi rifugio nel discernimento. Miserabili sono coloro che agiscono per una ricompensa.
50. Colui che ha conquistato il discernimento (buddhi) abbandona ogni azione meritoria e non meritoria. Dèdicati dunque allo Yoga: lo Yoga è l’arte della giusta azione.
51. I saggi che rinunciano al frutto delle loro azioni, guidati dall’intelligenza superiore e liberi dal ciclo delle rinascite, raggiungono la salvezza.
52. Quando il tuo intelletto sfuggirà al mondo dell’illusione, diverrai indifferente agli insegnamenti già uditi e di quelli che ancora potrai udire.
53. Quando il tuo intelletto, scosso dalle verità rivelate nelle Sacre Scritture, si sarà stabilito nel samadhi, tu avrai raggiunto la perfezione dello Yoga.
Arjuna disse:
54. Quali sono le qualità di colui che ha questa conoscenza stabile ed è saldo nel samadhi? Come parla, costui? Come siede? Come cammina?
Krishna disse:
55. Quando un uomo rinuncia a tutti i desideri e trova appagamento nell’anima, si dice che allora che egli è fermamente stabilito nella conoscenza.
56. Colui la cui mente rimane imperturbata dalle avversità, che non è attratto dai piaceri, che ha superato la passione, la paura e la collera, questi è chiamato un saggio (muni) dalla mente ferma.
57. Chi è libero da tutti gli attaccamenti, chi non si rallegra per le lodi e non si affligge per i biasimi: questi possiede una mente ferma.
58. Quando egli ritrae i propri sensi dagli oggetti, come una tartaruga ritrae le proprie membra nel guscio, allora la sua mente è stabile.
59. Per l’anima incarnata che pratica la continenza, gli oggetti sensoriali svaniscono, ma il loro gusto (rasa) persiste; però anche questo svanisce si è visto il Supremo.
60. O figlio di Kunti, i sensi si impadroniscono anche della mente di colui che è dotato di grande discernimento e si sforza di controllarli.
61. Padroneggiati i sensi, l’intelletto superiore diventa accessibile e la concentrazione su di Me diventa la méta suprema.
62. Quando un uomo dedica la sua attenzione sugli oggetti dei sensi, sviluppa attaccamento per essi. Dall’attaccamento nasce il desiderio e dal desiderio insoddisfatto la collera.
63. Dalla collera nasce l’illusione, dall’illusione nasce la perdita della memoria, dalla perdita della memoria l’indebolimento della ragione. L’uomo privo di ragione corre verso la rovina.
64. Ma colui che è padrone di sé, che si muove tra gli oggetti con i sensi pacificati, libero da attrazione e da repulsione, consegue la pace.
65. Nella pace hanno fine tutte le sofferenze, perché nella serenità l’intelletto diviene stabile.
66. Colui che è disunito alla sua Anima non può concentrare la mente né meditare. E chi non medita non ha pace e chi non ha pace non può essere felice.
67. Perché la mente che segue i sensi nel loro vagabondare perde la capacità di comprensione, come una nave è preda al vento.
68. Quindi solo colui che distoglie i sensi dai loro oggetti possiede un intelletto ben saldo.
69. Ciò che è notte profonda per tutti gli esseri, è veglia per l’uomo padrone di sé; ciò che è veglia per tutti gli esseri, è notte profonda per il saggio che vede.
70. Solo colui che rimane stabile nel flusso dei desideri, come l’oceano rimane immutato nonostante i fiumi si gettano in esso, raggiunge la pace e non chi brama di soddisfarli.
71. Solo l’uomo che rinuncia ai desideri e che agisce senza attaccamento e senza egoismo, raggiunge la pace suprema.
72. Questo, o Arjuna, è lo stato brahmanico; chi entra in questo stato non può più smarrirsi e, se in esso dimora anche nell’ora della morte, raggiunge la liberazione (Brahmanirvana).
Canto III - KARMA YOGA
Arjuna disse:
1. O Janardana, o Tu che esaudisci le preghiere, se ritieni la conoscenza (buddhi) superiore all’azione, perché, o Kesava, o Distruttore dei demoni, mi esorti a compiere una terribile azione?
2. Le tue parole apparentemente contraddittorie confondono la mia mente. Ti prego, mostrami con chiarezza qual è la via migliore.
Krishna disse:
3. Come ti ho già detto, o eroe senza macchia, in questo mondo le vie che si possono percorrere sono due: la disciplina della conoscenza (jnana) mediante la ragione e la disciplina dell’azione (karma) mediante lo Yoga.
4. Non è astenendosi dall’azione che l’uomo conquista la libertà dall’agire; e non basta la rinuncia per raggiungere la perfezione del samadhi.
5. Nessuno invero può rimanere senza agire neanche per un istante, perché è costretto ad agire dalle qualità (guna) della Natura.
6. Colui, pur dominando gli organi dell’azione (karmendriya), continua a pensare agli oggetti dei sensi, inganna se stesso ed è ipocrita.
7. Eccelle invece colui che, privo di attaccamento, frenando i sensi, percorre la via dello Yoga dell’azione.
8. Compi dunque il tuo dovere, perché l’agire è meglio dell’inerzia; senza agire, non sarebbe possibile nemmeno far sopravvivere il tuo corpo.
9. Salvo le azioni sacrificali, tutte le azioni incatenano l’uomo a questo mondo. O figlio di Kunti, compi dunque l’azione con spirito di sacrificio e privo di attaccamento.
10. Così parlò Prajapati, il Signore della Creazione quando insieme all’uomo creò il sacrificio: “Per mezzo del sacrificio moltiplicatevi e realizzerete tutti i vostri desideri;
11. con questo farete prosperare i Deva e i Deva faranno prosperare voi e, grazie a questo reciproco sostegno, giungerete al bene supremo.
12. Perché i Deva sostenuti dal sacrificio vi accorderanno i loro favori”. Chi fruisse dei loro doni senza offrir loro sacrifici, certamente è un ladro.
13. I giusti che si nutrono degli avanzi dei sacrifici sono liberati da tutti i peccati; i malvagi invece che preparano il cibo solo per se stessi si nutrono di peccato.
14. Tutti gli esseri viventi traggono vita dal cibo, il cibo viene dal cielo con la pioggia, la pioggia viene propiziata con il sacrificio e il sacrificio è originato dall’azione rituale.
15. Sappi che da Brahma stesso nasce l’azione (karma) e che Brahma trae origine dall’Assoluto (brahma). Così Brahma, che tutto compenetra, si fonda sul sacrificio.
16. Colui che non contribuisce in questo mondo a far girare la ruota del divenire e che si volge solo al piacere dei sensi, vive invano, o figlio di Pritha.
17. Ma per colui che trova la sua gioia, la soddisfazione e la pace solo nell’anima (atman), non deve compiere più alcun dovere.
18. Egli è oltre l’azione e l’inazione in questo mondo; egli non dipende più da nessuno e né può trovare rifugio negli esseri.
19. Compi dunque le azioni che devi compiere, senza attaccamento: perché l’uomo le cui azioni sono pure raggiunge il Supremo.
20. E’ per mezzo dell’azione che Janaka e gli altri guerrieri hanno raggiunto la perfezione; così devi agire per il bene di tutti.
21. Quello che fa un grande uomo, lo fanno anche gli altri; la gente segue il modello che lui stabilisce.
22. O Arjuna non c’è nulla che io debba fare nei tre mondi; nulla che non sia stato risolto o che io debba avere; tuttavia mi trovo ad agire.
23. Perché se io non prendessi parte incessantemente all’azione, o figlio di Partha, tutti gli uomini seguirebbero il mio esempio.
24. Se io non agissi questi mondi sparirebbero e sarei la causa della confusione delle classi sociali e della distruzione di tutte le creature.
25. Come gli ignoranti agiscono schiavi delle azioni, così il saggio deve agire senza attaccamento per la conservazione del mondo.
26. Il saggio non deve creare confusione negli ignoranti schiavi delle loro azioni.
27. Tutti le azioni ricevono gli impulsi dalle forze (guna) della Natura; ma chi è mosso dal proprio egoismo pensa: “sono io che agisco”.
28. L’uomo che comprende la differenza tra le forze della Natura e l’azione, vede che sono i guna che agiscono sui guna e quindi non genera più attaccamento.
29. Ma coloro che sono ottenebrati dai guna sono vincolati all’azione dei guna; colui che conosce la verità non deve turbare chi non la conosce.
30. Dedica a me tutte le azioni con il cuore fisso sull’anima primordiale, libero da egoismi e aspettative e da ogni affanno, combatti.
31. Coloro che seguono la mia dottrina, con fede e senza malizia, sono liberi dagli effetti (karma) delle loro azioni.
32. Ma coloro che non seguono la mia dottrina e la disprezzano, rimarranno privi di discernimento, illusi e votati alla perdizione.
33. Persino l’uomo saggio agisce conformemente alla propria natura; tutti gli esseri seguono le proprie inclinazioni; a che cosa serve opporvisi?
34. Ciascun senso prova naturalmente attrazione o repulsione per gli oggetti; nessuno rimanga succube di questi due stati perché rappresentano due nemici.
35. Seguire il proprio dovere (dharma), anche in modo imperfetto, è meglio che seguire alla perfezione il dovere altrui. E’ meglio morire seguendo il proprio dovere; seguire il dovere altrui causa danno.
Arjuna disse:
36. Dimmi, o Krishna, da che cosa l’uomo è forzatamente spinto, anche contro la sua volontà?
Krishna rispose:
37. Dal desiderio (kama) e dalla collera (krodhah): entrambi nati dal rajas, l’uno colmo di brama e l’altro colmo di odio. Sappi che nel mondo la passione (rajas) è il nostro avversario.
38. Come il fuoco è oscurato dal fumo, come lo specchio è velato dalla polvere, come il feto è ricoperto dalla placenta, così la saggezza è coperta dal rajas.
39. La saggezza è obnubilata da questo fuoco insaziabile che prende la forma del desiderio, che è l’eterno nemico dell’uomo assennato.
40. Il desiderio risiede nei sensi (indrya), nella mente (manas), nell’intelletto (buddhi). Velando la saggezza, confonde l’anima incarnata.
41. Perciò, o migliore tra i discendenti di Bharata, dapprima disciplina i tuoi sensi poi uccidi il distruttore della conoscenza distintiva (vijnana) e di quella spirituale (jnana).
42. Si dice che il potere dei sensi (indrya) è grande; ma il potere della mente (manas) è ancora più grande. Più forte della mente è la consapevolezza (buddhi), e più forte ancora è Lui (l’atman).
43. E dunque, consapevole di ciò che è oltre la consapevolezza, concentrati su di Lui, o grande guerriero, e sconfiggi il nemico che ha l’aspetto del desiderio.
Canto IV - JNANA YOGA
1. A suo tempo questo Yoga imperituro lo rivelai a Vivasvat, il dio del Sole, il padre della luce. Egli, a sua volta, lo trasmise a Manu, suo figlio, padre degli uomini. E Manu lo tramandò a suo figlio Ikshvaku.
2. E così per successione, lo conobbero i saggi regali; poi questo Yoga, con l’andar del tempo, fu dimenticato sulla terra.
3. Oggi io rivelo a te i segreti dello Yoga eterno, perché sei mio devoto e amico. Esso contiene in verità il segreto supremo.
Arjuna disse:
4. La nascita di Vivasat è anteriore alla tua; come puoi dunque avergli insegnato questo Yoga?
Krishna disse:
5. Numerose sono le mie vite passate e anche le tue, o Arjuna. Solo che mentre io le ricordo tutte, tu le hai dimenticate, o Paramtapa, o ardore che brucia i nemici.
6. Sebbene io sia l’Atman non nato, immutabile, sebbene io sia il Signore di tutte le creature, fondato nella mia propria Natura, mi manifesto grazie al mio potere di maya.
7. Tutte le volte che l’ordine (dharma) viene meno e prendono il sopravvento l’empietà e l’arroganza (adharma), io mi manifesto.
8. Per la salvezza dei meritevoli, per la distruzione dei malvagi, per il ristabilimento dell’ordine (dharma), di era in era io mi manifesto.
9. Chiunque conosce la mia origine divina e la mia opera, o Arjuna, non più rinascerà ma verrà a Me.
10. Liberi dalla passione, dalla paura e dalla collera, purificati dal fuoco della saggezza, molti hanno raggiunto il mio stato.
11. Nel modo in cui gli uomini si affidano a me, io vado incontro a loro. Da qualunque parte si dirigono essi seguono sempre la mia via.
12. Coloro che aspirano al potere terreno offrono sacrifici agli dei della terra e da questi atti rituali essi ottengono successo e potere in questo mondo.
13. Secondo il prevalere dei guna e delle azioni fu da me creato il sistema delle caste. Sebbene io ne sia il creatore, io sono al di là dell’azione e del mutamento.
14. Le azioni non mi toccano, né bramo i loro frutti. Colui che così mi conosce non è libero dai legami del karma.
15. E’ con tale consapevolezza che hanno operato gli uomini del passato, protesi verso la liberazione. Agisci dunque anche tu alla stregua degli antenati.
16. Che cos’è dunque l’azione? E che cos’è la non azione? Su questo punto anche i saggi sono perplessi. Io ti svelerò che cos’è l’azione e questa rivelazione ti renderà libero.
17. E’ necessario comprendere che cosa sia l’agire, che cosa sia il non retto agire e che cosa sia il non agire. E’ difficile comprendere la natura dell’azione.
18. Colui che vede il non agire (akarma) nel’agire (karma) e l’agire nel non agire, è il più savio tra gli uomini, è uno che ha realizzato lo yoga, che tutto ha compiuto.
19. Colui le cui azioni sono prive dell’impulso del desiderio, colui le cui azioni sono consumate dal fuoco della conoscenza, i saggi lo chiamano sapiente.
20. Colui che abbandona ogni attaccamento ai frutti dell’azione è sempre in pace, non cerca rifugio in nessuna cosa; egli non compie alcuna azione sebbene agisca.
21. Senza desiderio, padrone della mente e del proprio io, abbandonata ogni cupidigia, egli lascia che sia solo il corpo ad agire, così non si macchia di alcuna colpa.
22. Contento di quel che gli riserva la sorte, al di sopra delle dualità, privo di malizia, equanime nel successo e nell’insuccesso, anche se agisce non rimane vincolato ai frutti.
23. Per colui che è privo di attaccamento, libero, saldamente stabilito nella saggezza e la cui azione è fondata sul sacrificio, ogni karma si dissolve.
24. Brahma è l’offerta, Brahma è l’oblazione; da Brahma stesso esse sono versate nel fuoco sacrificale che è Brahma; colui che è assorto nell’azione che è Brahma, si fonde nel Brahma.
25. Alcuni Yogi fanno agli Dei le loro offerte sacrificali; altri offrono la loro anima nel fuoco sacrificale di Brahma.
26. Altri sacrificano l’udito e gli altri sensi nel fuoco della disciplina; altri ancora sacrificano il suono e gli oggetti dei sensi nel fuoco dei sensi.
27. Altri ancora sacrificano il loro respiro vitale (prana) nel fuoco delloYoga, alimentato dalla conoscenza;
28. altri ancora offrono in sacrificio i loro beni, le proprie austerità, le loro pratiche yogiche ed altri,anacoreti che seguono i voti, offrono i loro studi o le loro conoscenze.
29. Altri, dediti al pranayama, regolando il flusso inspiratorio ed espiratorio, sacrificano l’inspirazione nell’espirazione e l’espirazione nell’inspirazione.
30. Altri, con una dieta controllata, sacrificano il prana nel prana. Tutti questi conoscono il sacrifico e per mezzo del sacrificio essi distruggono le impurità.
31. Coloro che si nutrono del nettare immortale (ambrosia), rimanenza del sacrificio, si congiungono all’eterno Brahma. Questo mondo non appartiene a colui che non compie sacrifici né l’altro mondo, o migliore fra i Kuru.
32. Così diversi tipi di sacrifici sono indicati dai Veda; sappi che tutti derivano dall’azione. Conoscendo ciò sarai liberato.
33. Ma il più grande di tutti i sacrifici è il sacrificio spirituale della conoscenza. Tutte le azioni (karma) si dissolvono nella conoscenza.
34. Coloro che hanno visto la Verità potranno indicarti la via della conoscenza. Cerca i tuoi maestri, inchinati di fronte a loro, interrogali e servili.
35. Quando possiederai la saggezza, o Arjuna, non potrai più cadere in confusione, perché potrai vedere tutti gli esseri nell’Atman e quindi in Me.
36. E anche se tu fossi il più grande dei peccatori, potrai attraverserai il mare del peccato sul vascello della saggezza.
37. Come il fuoco ardente riduce in cenere la legna, così il fuoco della conoscenza (jnana) riduce in cenere tutte le azioni.
38. Su questa terra non vi è nulla che purifichi più della conoscenza; col tempo, chi ha successo nello Yoga apprende ciò in se stesso.
39. Ottiene la conoscenza colui che. Colmo di fede, è assorta in essa e doma i propri sensi. Raggiunta la conoscenza , ben presto egli raggiunge la pace suprema.
40. Ma colui che non ha né fede né conoscenza ed è pieno di dubbi, non potrà conoscere la gioia né in questo né nell’altro mondo.
41. Colui che con lo Yoga ha rinunciato ai frutti delle azioni, che ha estirpato ogni dubbio con la conoscenza ed ha il dominio di sé, non è più vincolato dall’azione.
42. Recidi dunque con la spada della conoscenza il dubbio cha hai nel cuore che deriva dall’ignoranza. Prendi rifugio nello Yoga, e alzati, o discendente di Bharata.
Canto V - LA RINUNCIA ALLE AZIONI
Arjuna disse:
1. O Krishna tu elogi la rinuncia all’azione (samnyasa) e lo yoga dell’azione (karma yoga). Dimmi, in verità, quale di queste due vie è la migliore?
Krishna rispose:
2. Sia la rinuncia all’azione sia lo yoga dell’azione conducono al bene supremo; ma dei due per te è migliore lo yoga dell’azione.
3. Sappi che colui che è votato alla rinuncia non conosce né desiderio né odio, dimorando oltre le dualità, è libero da ogni legame.
4. Solo i fanciulli e non i saggi sostengono che il Samkhya e il Karmayoga sono differenti; in realtà chi è fondato su uno dei due realizza entrambi.
5. Lo stato che si raggiunge con il Samkhya lo si raggiunge anche con lo Yoga; colui che riconosce una cosa sola il Samkhya e lo Yoga vede il vero.
6. Ma la rinuncia ai frutti dell’azione, o Arjuna, è difficile da conquistare senza la disciplina dello yoga. L’asceta impegnato nello Yoga raggiunga rapidamente Brahma.
7. Colui che pratica lo Yoga, che ha l’ego purificato, che domina i sensi, che è padrone di sé e il cui atman si è espanso in tutti gli esseri, anche se agisce dall’azione non è contaminato.
8. L’adepto dello Yoga che conosce la verità, pensa: “io non sto compiendo alcuna azione”, mentre vede, ascolta, tocca, odora, mangia, cammina, dorme, respira.
9. mentre parla, getta via, afferra, apre e chiude gli occhi, egli sa che sono soltanto i sensi che agiscono sugli oggetti della percezione.
10. Come le foglie del loto non sono toccate dall’acqua, così colui che, trasceso l’attaccamento, agisce rivolgendo le sue azioni a Brahma non si identifica con esse.
11. Per purificare l’ego, gli yogi dell’azione agiscono con il corpo, con la mente, con l’intelletto superiore o anche solo con i sensi, abbandonando ogni attaccamento.
12. Colui che segue lo yoga, rinunciando ai frutti delle azioni, raggiunge una pace stabile; ma colui che non segue lo yoga, attaccato al frutto delle azioni, rimane nella schiavitù.
13. Rinunciando mentalmente ad ogni azione, l’anima, maestra di sé, dimora felice nel corpo dalle nove porte, senza agire e senza indurre ad agire.
14. Il Signore non crea azioni nel mondo né crea connessione tra azione e frutto dell’azione come fanno gli uomini, ma esprime solo l’essenza della sua Natura.
15. L’Onnipresente non accetta il merito né il demerito di nessuno. La conoscenza è avvolta dall’ignoranza; per questo gli uomini si smarriscono.
16. Ma in coloro nei quali l’ignoranza è distrutta dalla conoscenza, questa, come un sole splendente, rende manifesta la Realtà suprema.
17. Coloro la cui impurità è purificata dalla conoscenza, la cui mente è assorta in Quello, la cui anima è identificata in Quello, fondati in Quell e dediti solo a Quello, raggiungono lo stato dal quale non c’è più ritorno.
18. I veri saggi sono quelli che vedono allo stesso modo un brahmana colto e modesto, una vacca, un elefante, un cane, e persino l’uomo che mangia carne di cane (un fuori casta).
19. Certamente coloro la cui mente è perfettamente equanime celebrano la vittoria della vita in terra. Brahma è puro e sempre uguale a se stesso, ed essi per sempre si riconoscono in Lui.
20. Colui che ha l’intelletto saldo e privo di tormenti, che conosce Brahman e che in Brahman è fondato, non si rallegra per gli eventi piacevoli e non si rattrista per quelli spiacevoli.
21. Colui che non è attaccato agli oggetti sensoriali trova la sua gioia nell’Atman; colui che, tramite lo yoga, si trova unito in Brahman sperimenta una gioia senza limiti.
22. I piaceri che nascono nel mondo dei sensi portano in sé la sofferenza; essi vanno e vengono. L’uomo di conoscenza non trova in essi la sua gioia.
23. Colui che, su questa terra, prima di abbandonare il corpo, è capace di resistere allo stimolo del desiderio e della collera, costui è un vero Yogi e un essere felice.
24. Lo yogi che ha trovato la gioia, la letizia e l’illuminazione interiori, fondato nel Brahman, raggiunge la liberazione nel Brahman (Brahmanirvanam).
25. I saggi che hanno distrutto l’impurità (ignoranza), che dimorano al di là degli opposti, che sono padroni di sé e che provano compassione per tutti gli esseri, raggiungono il Nirvana di Brahman.
26. In quegli asceti, liberi da desiderio e da collera, che hanno il dominio di sé e che conoscono l’Atman, vive il Nirvana di Brahman.
27. Il saggio che trascende le percezioni degli oggetti sensoriali, che rivolge lo sguardo all’interno verso il punto tra le sopracciglia, che armonizza il flusso dell’inspirazione e dell’espirazione che si alterna nelle narici,
28. che controlla i sensi, la mente e l’intelletto superiore, che ha come unico scopo la liberazione, che si affranca dal desiderio, dalla paura e dalla collera, in verità egli è libero per sempre.
Canto VI - LA MEDITAZIONE
Il Signore disse:
1. Colui che compie l’azione inerente al suo dovere (dharma), senza attaccamento ai frutti dell’azione, egli è un rinunciante e uno yogi; non chi trascura il fuoco sacrificale e tralascia l’azione.
2. Sappi, o figlio di Pandu, che la rinuncia è in verità yoga, perché nessuno può essere uno yogi se prima non ha rinunciato ai sentimenti egoistici.
3. Per il saggio che vuole progredire nello Yoga si dice che il mezzo è l’azione; ma per colui che si è elevato allo Yoga il mezzo è la pace profonda.
4. Colui che è libero da attaccamento per gli oggetti dei sensi e per le azioni, colui che ha rinunciato a ogni sentimento egoistico, viene considerato un vero yogi.
5. L’uomo deve innalzare se stesso per mezzo di se stesso; non deve degradarsi, perché egli è solo amico di se stesso e conseguentemente nemico di se stesso.
6. Chi è padrone di se stesso è amico di se stesso; ma chi non ha ancora conquistato questa padronanza può diventare il peggior nemico di se stesso.
7. Chi ha padroneggiato l’io individuato si realizza in quanto atman e rimane lo stesso nel piacere come nel dolore, nel caldo come nel freddo, nella lode come nel biasimo.
8. Colui che è assorto nella saggezza e nella conoscenza distintiva, che è padrone dei sensi; colui che considera allo stesso modo una zolla di terra, un sasso, un lingotto d’oro, è chiamato uno yogi.
9. Colui che considera allo stesso modo i conoscenti, gli amici, i nemici, gli estranei, i parenti e tutti gli altri, coloro che odiano, che sono faziosi, i buoni e i cattivi, quegli si distingue tra tutti.
10. Lo yogi, ritirandosi in solitudine, dominando la mente e l’io, senza desideri, senza avidità, deve costantemente concentrare la sua mente sull’atman.
11. Con una seduta stabile, in un luogo puro, coperto di erba Kusa, su una pelle d’antilope e un panno,
12. ivi seduto, concentrando la mente in un sol punto, dominando la mente (citta e i sensi (indriya), pratichi lo yoga per la propria purificazione.
13. Tenendo la schiena, il collo e la testa eretti e fermi, con lo sguardo rivolto sulla radice del naso,
14. Con l’animo sereno e senza paura, saldo nel voto di castità (brahmacarya), dominata la mente, sieda proponendosi Me come fine supremo.
15. Lo Yogi che, padrone della propria mente, in costante stato di armonia interiore, realizza la pace e la liberazione (Nirvana) che è in Me.
16. Ma lo yoga, o Arjuna, non è per chi mangia troppo, né per chi mangia troppo poco, non è per chi dorme troppo, né per chi dorme troppo poco.
17. Essere moderati nel mangiare, nel riposare, nelle azioni, nel sonno e nella veglia, ciò è lo yoga che distrugge i conflitti.
18. Quando la mente è silenziosa, priva di desideri, stabile nell’atman, si dice che ha raggiunto l’armonia interiore.
19. Come una fiamma che non vacilla in un luogo al riparo dal vento, così è lo yogi che ha dominato la mente e che si è unito all’atman.
20. Il saggio che acquieta la mente con la pratica dello yoga, quando si riconosce nell’atman, gusta la gioia dell’anima,
21. quando conosce quella suprema gioia che, inaccessibile ai sensi, può essere trovata solo dalla buddhi, egli in quella trova la sua dimora e diviene uno con la Verità,
22. una volta raggiunto questo stato comprende che per lui non può esserci tesoro più grande; poiché in quello stato non può essere scosso nemmeno dalla più grande sofferenza.
23. Sappi che questo distacco dai conflitti del mondo è chiamato yoga. Lo yoga deve essere praticato con determinazione e volontà ferma.
24. Lo yogi deve rinunciare a tutti i desideri prodotti dall’immaginazione, frenando la totalità dei sensi,
25. e, con l’intelletto fermo e risoluto, deve trascendere ogni attività, condurre la mente sull’atman e non immaginare altro dato.
26. E, tutte le volte che la mente, di nuovo manifesta agitazione e instabilità, occorre frenarla e riportarla sotto il controllo dell’atman.
27. Così la gioia suprema discende nello yogi che, acquietato la mente, placato le passioni e puro, è divenuto una cosa sola Brahma.
28. Lo Yogi che, libero da ogni impurità, proteso costantemente all’Unione, ben presto realizza l’infinita beatitudine dalla costante unione con Brahma.
29. Colui che ha trasceso l’io tramite la pratica dello yoga, ovunque guardi vede l’Unità, vede l’atman in tutte le creature e tutte le creature nell’atman.
30. Colui che vede Me in tutte le cose e tutte le cose in Me, nessuno può separarlo da Me né io mi separerò da lui.
31. Lo yogi che, dimorando nell’unità, mi vede dimorare in tutte le creature, in qualunque modo mi viva, vive in Me.
32. E’ uno Yogi compiuto colui conforma a sé il dolore e il piacere degli altri.
Arjuna disse:
33. O Krishna, non vedo come si possa attuare questo yoga che tu hai definito equanime per l’inquietudine della mente (manas).
34. Perché la mente, o Krishna, è impetuosa, potente, irrequieta. E’ difficile dominarla così come è difficile arrestare il vento.
Krishna disse:
35. Senza dubbio, o Arjuna, la mente è difficile da dominare e incostante; tuttavia può essere controllata con la pratica costante e il distacco dalle passioni (vairagya).
36. E’ difficile progredire nello yoga per colui che non ha il dominio sull’io; ma colui che, è assiduo e segue la disciplina adatta, può realizzarlo.
Arjuna disse:
37. Qual è, o Krishna, la via per colui che, praticando lo yoga con fede, a causa delle divagazioni della mente, non raggiunge la perfezione yogica?
38. Allontanatosi da entrambe le vie, quella sulla terra e quella in cielo, privo di sotegno, smarrito il cammino che porta al Brahman, non è forse egli perduto come una nuvola che svanisce?
39. O Krishna, dissipa questo dubbio; nessuno può farlo, al di fuori di te.
Krishna disse:
40. Né in questo mondo, né in quell’altro, un uomo simile potrà mai perdersi, o figlio mio; perché chi compie azioni meritevoli non potrà mai incorrere in un destino avverso.
41. Raggiunti i mondi di coloro che compiono buone azioni, dopo aver dimorato in essi per molti anni, colui che ha fallito nello yoga rinasce in una casa di gente onesta e senza macchia.
42. Oppure rinasce in una famiglia di Yogi sapienti. Una nascita invero molto rara in questo mondo.
43. In questa condizione privilegiata egli ritrova l’intelligenza sviluppata con lo yoga nella vita precedente e, forte di ciò, tenta ancor più di raggiungere la perfezione dello yoga.
44. Il potere delle pratiche svolte in passato lo spinge in avanti; così tenta ancora una volta di afferrare la conoscenza e già solo con questo atto si eleva al di là degli insegnamenti brahmanici.
45. Ma lo Yogi perseverante, purificato dalle impurità, perfezionato attraverso le reiterate nascite, consegue la méta suprema.
46. La via dello Yoga è superiore alla via dell’asceta, superiore anche alla via della conoscenza e dell’azione rituale. Sii dunque uno Yogi, o Arjuna!
47. E il più grande di tutti gli Yogi è colui che, pieno di fede, pensa a Me, dimora sempre in Me e si concede con amore.
Canto VII - LO YOGA DELLA CONOSCENZA
1. Ascolta ora, o Arjuna, con la mente rivolta a Me, praticando lo Yoga e in Me prendendo rifugio, potrai interamente conoscermi, al di là di ogni dubbio.
2. Potrai così apprendere da Me la conoscenza che porta alla saggezza. Quando ne sarai padrone, non avrai bisogno di apprendere altro.
3. Tra migliaia di uomini, solo pochi cercano la perfezione e tra questi pochi solo uno riesce a conoscermi veramente.
4. Otto sono le forme visibili della mia Natura (prakrti): terra, acqua, fuoco, aria, etere, mente (manas), intelletto (buddhi) e ego (ahamkara).
5. Ma questa è la mia natura inferiore (apara), O Arjuna, sappi che oltre a questa vi è l’altra mia natura, quella superiore (para) costituita dall’anima (jiva) che sostiene il mondo.
6. Tutti gli esseri emanano da questa matrice. Io sono l’origine e la dissoluzione (pralaya) dell’intero universo.
7. O conquistare della ricchezza, non vi è nulla che mi sia superiore. Come il filo tiene insieme le perle, così io tengo insieme tutti gli esseri.
8. Io sono il sapore nell’acqua, sono la luce nel sole e nella luna. Io sono il pranava (Aum) in tutti i Veda, sono il suono nell’etere e il vigore negli uomini.
9. Io sono la pura fragranza nella terra, lo splendore nel fuoco. Io sono la vita in tutti gli esseri e l’austerità negli asceti.
10. Io sono l’eterno seme di tutti gli esseri, sono l’intelletto dei sapienti e la forza dei valorosi.
11. Io sono l’energia dei forti, priva di desiderio e di passione. Io sono l’aspirazione conforme al dharma.
12. E sappi che tutte queste manifestazioni di sattva, rajas e tamas provengono da Me: io non sono in esse ma esse sono in Me.
13. Tutto questo mondo, illuso dalle qualità dei tre guna, non comprende Me che sono trascendente ad esse e imperituro.
14. E’difficile infatti superare la mia divina maya, che opera attraverso i guna; ma coloro che si rifugiano in Me la superano.
15. I malvagi e i fuorviati, offuscati da maya e seguaci dei demoni (asura), non trovano rifugio in Me.
16. Di quattro tipi sono gli uomini che virtuosi che seguono la mia via: i sofferenti, i ricercatori della conoscenza, gli operosi che cercano di migliorare le condizioni di vita materiale e i saggi (jnana).
17. Tra questi, il saggio è superiore agli altri perché è assorto nell’Uno e a Lui devoto. In verità io sono supremamente caro al saggio ed egli è supremamente caro a me.
18. Tutti costoro sono invero nobili, ma il saggio io lo considero come me stesso; Assorto nell’Atman, egli prende rifugio in me come mèta suprema.
19. Dopo molte vite il saggio comprende “Vasudeva è tutto”. E’ davvero raro incontrare una così grande anima.
20. Coloro la cui conoscenza è distorta da questo o quel desiderio, si abbandonano ad altre divinità e osservano diversi riti, conformi alla loro natura.
21. Ma al devoto sincero Io rendo incrollabile qualunque forma di fede che abbia scelto.
22. E quando egli, spinto dalla fede, cerca di propiziarsi quella forma divina e da quella ottiene ciò che desidera, sono Io in verità che delibero.
23. Tuttavia limitato è il frutto che ottengono coloro che hanno scarsa intelligenza; chi adora i Deva va ai Deva, i miei devoti invece vengono a Me.
24. Coloro privi di discernimento credono che Io, l’Immanifesto, sia caduto nella manifestazione; invero non conoscono la mia natura superiore, immutabile e trascendente.
25. Coperto dai veli della mia maya non tutti Mi conoscono. Questo mondo distorto non conosce Me, il Non nato, l’Immutabile.
26. O Arjuna, io conosco tutti gli esseri del passato, del presente e del futuro; ma nessun essere conosce Me.
27. Tutti gli esseri di questo mondo manifesto cadono nell’illusione della dualità, generata dall’attrazione e dalla repulsione.
28. Ma gli uomini virtuosi, liberi dalle impurità e dall’illusione della dualità, Mi onorano costantemente.
29. Coloro che prendono rifugio in me, aspirano a liberarsi dalla nascita e dalla morte, conoscono Brahman, l’Atman primordiale e tutto il Karma.
30. Coloro che, mi conoscono come origine del mondo materiale, dei Deva e del sacrificio, con la concentrazione interiore, conoscono Me anche al momento della morte.
Canto VIII - IL BRAHMAN
Arjuna disse:
1. Che cos’è il Brahman? Che cos’è l’Atman originario? Che cos’è il Karma? Qual è l’origine del mondo materiale? Qual è l’origine del divino?
2. Qual è l’origine del sacrificio e in che modo è presente nel corpo? E come ti fai conoscere, al momento della morte, da coloro padroni di sé?
Krishna rispose:
3. Brahman è il Supremo, l’Eterno; l’Atman originario è la sua essenza individuata; il Karma è l’impulso originario causa dell’esistenza degli esseri.
4. L’origine del mondo materiale è la mutevole Natura; l’origine di tutte le cose divine è lo Spirito assoluto (Purusha); l’origine del sacrificio sono Io che dimoro in questo corpo.
5. E chi, alla fine del suo tempo, lascia il suo corpo pensando a Me, si congiunge a Me.
6. Perché colui che abbandona il corpo và dove è diretto il suo pensiero.
7. Quindi pensa a me in ogni momento e combatti. Con la mente e l’intelletto concentrati in Me, giungerai sicuramente a Me.
8. Colui che si dedica costantemente allo Yoga senza distrazione, perviene allo Spirito assoluto (Purusha).
9. Colui che mediti sul Grande Maestro onnisciente ed eterno, più sottile dell’atomo, sostenitore di tutti gli esseri, dalla forma inconcepibile, splendente oltre ogni oscurità,
10. al momento della morte, con la mente ferma grazie alla devozione e al potere dello Yoga, concentrando tutta l’energia vitale (prana) tra le sopracciglia, costui si ricongiunge con il Supremo Purusha (Isvara, il Dio-persona).
11. Ora ti descriverò in poche parole lo stato che i conoscitori dei Veda chiamano Immutabile, lo stato che può essere raggiunto dagli asceti che, avendo superato le passioni umane, vive una vita votata alla castità e austerità (brahmacarya).
12. Colui che chiude tutte le porte della percezione corporea, che porta la mente nel cuore e invia al centro tra le sopracciglia l’energia vitale (prana), saldo nella concentrazione,
13. che pronuncia la sacra sillaba Aum, in quanto Brahman, e che pensa solo a Me, realizza il fine supremo.
14. Facile da raggiungere Io sono per quello yogi la cui mente è costantemente rivolta a Me, senza distrazioni.
15. Queste grandi anime non rinasceranno più in questo luogo effimero di sofferenza e raggiungeranno la perfezione suprema.
16. Tutti i mondi, anche il mondo di Brahma, sono soggetti alla rinascita; ma chi viene a me non è più soggetto al ciclo delle rinascite.
17. Coloro che conoscono il lungo giorno di Brahma, della durata di mille yuga (ere), conoscono anche la lunga notte di Brahma, sempre della durata di mille yuga.
18. Al giungere di quel giorno, tutto ciò che è manifesto si svela dal non manifesto; al cadere di quella notte, il manifesto si dissolve nel non manifesto.
19. Tutta quella moltitudine di esseri che nasce e muore continuamente, scompare al calar della notte e risorge allo spuntare del giorno.
20. Ma, al di là di questo non-manifesto, c’è un eterno Immanifesto che non muore mai nemmeno quando tutte le cose si dissolvono.
21. Questo immutabile Immanifesto è chiamato il fine supremo. Coloro che lo raggiungono non faranno più ritorno. E’ questa la mia suprema dimora.
22. Questo Spirito Supremo (Purusha), o Arjuna, in cui tutti gli esseri dimorano e dal quale tutti gli esseri provengono, si realizza per mezzo di una devozione incrollabile.
23. Ti spiegherò ora, principe dei Bharata, del tempo in cui gli Yogi lasciano l’esistenza manifesta, sia per non ritornarvi più, sia per ritornarvi.
24. Se gli yogi dipartono quando risplendono il fuoco, la luce, il giorno, la quindicina di luna crescente e il semestre del sole che si alza sull’orizzonte, coloro, conoscendo il Brahman, vanno al Brahman.
25. Se, invece, gli yogi dipartono quando esistono il fumo, la notte, la quindicina della luna calante e il semestre del sole che si abbassa all’orizzonte, essi, andando alla luce lunare, ritornano a nuovi stati di manifestazione.
26. La via della Luce e la via delle Tenebre sono gli eterni sentieri del mondo. Con la prima non vi è ritorno, con la seconda si torna nella manifestazione.
27. Lo yogi che conosce queste due vie non potrà perdersi. Sii dunque tu stesso uno Yogi, o Arjuna.
28. Lo yogi, avendo compreso ciò, và al di là di ciò che si raggiunge con lo studio dei Veda, con i sacrifici, con la vita austera e le opere di carità. Per cui il supremo, principale stato.
Canto IX - LA CONOSCENZA SUPREMA E IL SUPREMO SEGRETO
Krishna disse:
1. A te, che sei pieno di fede, io rivelerò questa segreta conoscenza (jnana), unita alla conoscenza distintiva (vijnana); così sarai libero dalle impurità.
2. E’ la conoscenza suprema (raja vidya), il supremo segreto (rajaguhyam), il purificatore supremo che si svela con l’esperienza, conformemente al dharma.
3. Gli uomini che non hanno fede in questa legge suprema non giungono sino a me e ritornano al ciclo delle morti e delle rinascite (samsara).
4. Da Me, Non Manifesto che pervade l’intero universo; tutti gli esseri dimorano in Me, ma io trascendo loro.
5. E tuttavia neppure gli esseri sono Me: io sono la sorgente e il sostegno di tutti gli esseri, anche se di là da essi.
6. Come i grandi venti trovano fondamento nello spazio (akasa), così tutto il creato trova fondamento in Me.
7. Alla fine di un kalpa (era cosmica) tutto il creato ritorna nella mia essenza e all’inizio di un kalpa Io di nuovo lo emano.
8. Attraverso la mia natura (prakrti), genero la molteplicità degli esseri che sono senza autopotere e sottoposti alla prakrti.
9. Né questo atto creativo lega Me che rimango distaccato e non identificato.
10. Sotto la mia direzione, la Natura (prakrti) genera ciò che è animato e ciò che non è animato; in questo modo l’universo si rinnova.
11. Coloro che non comprendono, non mi riconoscono quando mi celo nella froma umana, perché non conoscono la mia natura superiore come Signore di tutti gli esseri.
12. Vane sono le loro speranze, azioni, conoscenze. Privi di discernimento, si degradano nell’illusoria natura dei Raksasa (perversi) e degli Asura (demoni).
13. Ma le grandi anime (Mahatma), riconoscendo in Me l’eterna fonte di tutti gli esseri, senza lasciar vagare la mente, mi adorano.
14. Cantando senza sosta le mie lodi, ripetendo con devozione il mio nome, saldi nei propri voti, costantemente assorti in Me, essi Mi rendono omaggio.
15. Altri attraverso il sacrificio della conoscenza mi adorano come l’Uno, il Distinto e il Molteplice dagli innumerevoli volti.
16. Perché io sono il rito, il sacrificio e l’oblazione agli antenati; io sono l’erba medicinale e il mantra; invero io sono il burro fuso, il fuoco rituale e l’oggetto del sacrificio.
17. Di questo universo Io sono il padre, la madre, il sostenitore, il predecessore, sono l’oggetto di ogni conoscenza, il purificatore, sono l’amkara Aum, i tre Veda.
18. Io sono il fine, il sostegno, il signore, il testimone, il rifugio, l’amico; sono la creazione e la dissoluzione, il fondamento, lo stato di quiete e il seme indistruttibile.
19. Io irradio il calore, trattengo o dispenso la pioggia, sono l’immortalità e anche la morte, l’essere e non essere.
20. Coloro che conoscono i tre Veda, che bevono il Soma, che sono purificati dai vizi, che mi adorano offrendo sacrifici, giunti alla dimora degli dei (Indra), godono dei piaceri divini.
21. Essi dopo aver goduto di questo vasto mondo celeste, esauriti i loro meriti, ricadono nel mondo dei mortali. Così, fedeli alla dottrina dei tre Veda, desiderosi di godere, vanno e vengono.
22. Ma a coloro che mi adorano concentrandosi sempre su di Me, devoti a Me, soddisfo le necessità e immancabile possesso.
23. Anche coloro che, con fede e devozione, adorano altri dei, in effetti è come se adorassero Me, anche se non in modo conforme ai veri precetti.
24. Sono io il fruitore di tutti i sacrifici, ma essi non mi conoscono nell’essenza e, perciò, sono soggetti a ricadere.
25. Perché coloro che venerano gli dei si congiungono agli dei, mentre coloro che venerano i padri si congiungono ai padri. Coloro che venerano gli spiriti della Natura si congiungono agli spiriti della Natura e coloro che venerano Me si congiungono a Me.
26. Colui che mi offre anche soltanto una foglia o un fiore o un frutto o un po’ d’acqua, ma lo fa con devozione, amore e cuore puro, Io accetto.
27. Qualunque cosa tu faccia, o mangi o doni, o offra in sacrificio, o qualunque austerità tu compia, falla come un’offerta a Me.
28. Allora tu sarai libero dai legami del Karma, sia esso buono o cattivo; con la mente concentrata sullo yoga della rinuncia, sarai libero e verrai a me.
29. Io sono lo stesso per tutti gli esseri: nessuno mi è odioso nessuno mi è caro. Ma per quanto riguarda coloro che mi adorano con devozione, essi sono in Me e io sono in loro.
30. Anche il più grande peccatore che mi venera con tutto il cuore deve essere considerato un saggio, perché ha scelto la giusta via.
31. Egli diventerà ben presto giusto e raggiungerà una pace eterna. O Arjuna: chi mi è fedele non è mai perduto.
32. Tutti coloro che cercano in me il loro rifugio, a qualunque origine appartengono, siano essi donne, servitori o mercanti, raggiungeranno comunque il Bene Supremo.
33. A maggior ragione i Brahmana, i re saggi e devoti. Poichè sei caduto in questo mondo transitorio e di dolore, adorami con fervore.
34. Fissa la mente su di Me, sii il mio devoto, sacrifica a me le tue offerte. Così perseguendo lo yoga verrai a Me che sono il tuo supremo rifugio.
Canto X - LE MANIFESTAZIONI DELLA POTENZA
1. A suo tempo questo Yoga imperituro lo rivelai a Vivasvat, il dio del Sole, il padre della luce. Egli, a sua volta, lo trasmise a Manu, suo figlio, padre degli uomini. E Manu lo tramandò a suo figlio Ikshvaku.
2. E così per successione, lo conobbero i saggi regali; poi questo Yoga, con l’andar del tempo, fu dimenticato sulla terra.
3. Oggi io rivelo a te i segreti dello Yoga eterno, perché sei mio devoto e amico. Esso contiene in verità il segreto supremo.
Arjuna disse:
4. La nascita di Vivasat è anteriore alla tua; come puoi dunque avergli insegnato questo Yoga?
Krishna disse:
5. Numerose sono le mie vite passate e anche le tue, o Arjuna. Solo che mentre io le ricordo tutte, tu le hai dimenticate, o Paramtapa, o ardore che brucia i nemici.
6. Sebbene io sia l’Atman non nato, immutabile, sebbene io sia il Signore di tutte le creature, fondato nella mia propria Natura, mi manifesto grazie al mio potere di maya.
7. Tutte le volte che l’ordine (dharma) viene meno e prendono il sopravvento l’empietà e l’arroganza (adharma), io mi manifesto.
8. Per la salvezza dei meritevoli, per la distruzione dei malvagi, per il ristabilimento dell’ordine (dharma), di era in era io mi manifesto.
9. Chiunque conosce la mia origine divina e la mia opera, o Arjuna, non più rinascerà ma verrà a Me.
10. Liberi dalla passione, dalla paura e dalla collera, purificati dal fuoco della saggezza, molti hanno raggiunto il mio stato.
11. Nel modo in cui gli uomini si affidano a me, io vado incontro a loro. Da qualunque parte si dirigono essi seguono sempre la mia via.
12. Coloro che aspirano al potere terreno offrono sacrifici agli dei della terra e da questi atti rituali essi ottengono successo e potere in questo mondo.
13. Secondo il prevalere dei guna e delle azioni fu da me creato il sistema delle caste. Sebbene io ne sia il creatore, io sono al di là dell’azione e del mutamento.
14. Le azioni non mi toccano, né bramo i loro frutti. Colui che così mi conosce non è libero dai legami del karma.
15. E’ con tale consapevolezza che hanno operato gli uomini del passato, protesi verso la liberazione. Agisci dunque anche tu alla stregua degli antenati.
16. Che cos’è dunque l’azione? E che cos’è la non azione? Su questo punto anche i saggi sono perplessi. Io ti svelerò che cos’è l’azione e questa rivelazione ti renderà libero.
17. E’ necessario comprendere che cosa sia l’agire, che cosa sia il non retto agire e che cosa sia il non agire. E’ difficile comprendere la natura dell’azione.
18. Colui che vede il non agire (akarma) nel’agire (karma) e l’agire nel non agire, è il più savio tra gli uomini, è uno che ha realizzato lo yoga, che tutto ha compiuto.
19. Colui le cui azioni sono prive dell’impulso del desiderio, colui le cui azioni sono consumate dal fuoco della conoscenza, i saggi lo chiamano sapiente.
20. Colui che abbandona ogni attaccamento ai frutti dell’azione è sempre in pace, non cerca rifugio in nessuna cosa; egli non compie alcuna azione sebbene agisca.
21. Senza desiderio, padrone della mente e del proprio io, abbandonata ogni cupidigia, egli lascia che sia solo il corpo ad agire, così non si macchia di alcuna colpa.
22. Contento di quel che gli riserva la sorte, al di sopra delle dualità, privo di malizia, equanime nel successo e nell’insuccesso, anche se agisce non rimane vincolato ai frutti.
23. Per colui che è privo di attaccamento, libero, saldamente stabilito nella saggezza e la cui azione è fondata sul sacrificio, ogni karma si dissolve.
24. Brahma è l’offerta, Brahma è l’oblazione; da Brahma stesso esse sono versate nel fuoco sacrificale che è Brahma; colui che è assorto nell’azione che è Brahma, si fonde nel Brahma.
25. Alcuni Yogi fanno agli Dei le loro offerte sacrificali; altri offrono la loro anima nel fuoco sacrificale di Brahma.
26. Altri sacrificano l’udito e gli altri sensi nel fuoco della disciplina; altri ancora sacrificano il suono e gli oggetti dei sensi nel fuoco dei sensi.
27. Altri ancora sacrificano il loro respiro vitale (prana) nel fuoco delloYoga, alimentato dalla conoscenza;
28. altri ancora offrono in sacrificio i loro beni, le proprie austerità, le loro pratiche yogiche ed altri,anacoreti che seguono i voti, offrono i loro studi o le loro conoscenze.
29. Altri, dediti al pranayama, regolando il flusso inspiratorio ed espiratorio, sacrificano l’inspirazione nell’espirazione e l’espirazione nell’inspirazione.
30. Altri, con una dieta controllata, sacrificano il prana nel prana. Tutti questi conoscono il sacrifico e per mezzo del sacrificio essi distruggono le impurità.
31. Coloro che si nutrono del nettare immortale (ambrosia), rimanenza del sacrificio, si congiungono all’eterno Brahma. Questo mondo non appartiene a colui che non compie sacrifici né l’altro mondo, o migliore fra i Kuru.
32. Così diversi tipi di sacrifici sono indicati dai Veda; sappi che tutti derivano dall’azione. Conoscendo ciò sarai liberato.
33. Ma il più grande di tutti i sacrifici è il sacrificio spirituale della conoscenza. Tutte le azioni (karma) si dissolvono nella conoscenza.
34. Coloro che hanno visto la Verità potranno indicarti la via della conoscenza. Cerca i tuoi maestri, inchinati di fronte a loro, interrogali e servili.
35. Quando possiederai la saggezza, o Arjuna, non potrai più cadere in confusione, perché potrai vedere tutti gli esseri nell’Atman e quindi in Me.
36. E anche se tu fossi il più grande dei peccatori, potrai attraverserai il mare del peccato sul vascello della saggezza.
37. Come il fuoco ardente riduce in cenere la legna, così il fuoco della conoscenza (jnana) riduce in cenere tutte le azioni.
38. Su questa terra non vi è nulla che purifichi più della conoscenza; col tempo, chi ha successo nello Yoga apprende ciò in se stesso.
39. Ottiene la conoscenza colui che. Colmo di fede, è assorta in essa e doma i propri sensi. Raggiunta la conoscenza , ben presto egli raggiunge la pace suprema.
40. Ma colui che non ha né fede né conoscenza ed è pieno di dubbi, non potrà conoscere la gioia né in questo né nell’altro mondo.
41. Colui che con lo Yoga ha rinunciato ai frutti delle azioni, che ha estirpato ogni dubbio con la conoscenza ed ha il dominio di sé, non è più vincolato dall’azione.
42. Recidi dunque con la spada della conoscenza il dubbio cha hai nel cuore che deriva dall’ignoranza. Prendi rifugio nello Yoga, e alzati, o discendente di Bharata.
Canto XI - LA VISIONE DELLA FORMA UNIVERSALE
Arjuna disse:
1. Nella tua grande misericordia tu mi hai svelato il segreto supremo della tua natura e le tue parole hanno dissipato la mia ignoranza.
2. Ho ascoltato da te il modo in cui gli esseri vanno e vengono e ho potuto conoscere la tua infinita grandezza.
3. Ho ascoltato la tua verità. Ma adesso desidero conoscere la tua forma divina, o supremo Purusha.
4. Se tu pensi, o mio Signore, che io sia in grado di conoscerla, mostrarmi, o Signore dello Yoga, il tuo Atman eterno.
Krishna rispose:
5. Osserva, o Arjuna, le centinaia e migliaia e assumono divine forme, diverse nel colore e nell’aspetto.
6. Guarda gli Aditya), i Vasu, i Rudra, gli Asvin ed anche i Maruta. Osserva, o discendente di Bharata, molte meraviglie mai viste prima.
7. Guarda nel mio unico corpo l’intero universo nell’Unità, nel suo movimento e nella sua immobilità e tutto ciò desideri vedere.
8. Ma tu non puoi vedermi con questi tuoi occhi mortali: io ti darò l’occhio divino, in modo che tu possa vedere il mio supremo potere.
Sanjaya disse:
9. O re, così disse Hari, il grande signore dello Yoga, e si manifestò ad Arjuna nella sua suprema forma divina:
10. dalle molte bocche, dai molti occhi, dai molti aspetti meravigliosi e dagli ornamenti e brandendo armi divine di ogni tipo;
11. adorna di ghirlande e indumenti celestiali, ungenti di divina fragranza, colma di ogni prodigio, con il volto rivolto in tutte le direzioni.
12. Se nel cielo splendessero insieme mille soli, quello splendore potrebbe essere paragonato all’emanazione luminosa di questo Supremo Essere.
13. E Arjuna vide l’intero universo in tutte le sue manifestazioni riunito nel vasto corpo del Signore degli dei.
14. Colmo di stupore e con i capelli ritti, chinato il capo e congiunte le mani dinanzi a Dio, Dhanamjaya, il conquistatore della ricchezza, parlò.
Arjuna disse:
15. O Dio, nella tua forma io scorgo tutti gli dei e tutti gli esseri, Brahma seduto sul suo trono di loto, tutti i veggenti e i divini serpenti.
16. Della tua forma infinita dappertutto io innumerevoli braccia, occhi,ventri. Di te non distinguo l’inizio, né il mezzo né la fine, o Signore del Tutto, o Forma Infinita.
17. Ti vedo ovunque splendente di luce sì da abbagliarmi, con la corona, lo scettro e il disco. Sfolgorante di incommensurabile luce, come un fuoco ardente o un sole.
18. Tu sei l’Immutabile, la suprema realtà che deve essere conosciuta, il più alto picco della conoscenza, il più alto sostegno di questo vasto universo, l’eterno custode delle leggi dell’universo (dharma), per tu sei il Purusha.
19. Ti vedo senza inizio né metà né fine, infinito è il tuo potere e innumerevoli sono le tue braccia, i tuoi occhi sono il sole e la luna, il tuo volto di fuoco fiammeggiante, il tuo splendore riscalda l’universo. Così io ti vedo.
20. Tu riempi la terra, il cielo e tutti gli spazi intermedi; alla vista della tua forma meravigliosa i tre mondi tremano.
21. Schiere di dei vengono a te con le mani congiunte in preghiera, alcuni ti esaltano in preda al timore. Schiere di Maharsi dei Siddha cantano inni alla tua gloria.
22. I Rudra della distruzione, i Vasu del fuoco, i Sadya della preghiera, gli Adityas del sole; gli dei minori Visvedeva, i due Asvin cocchieri del cielo, i Marut del vento e delle tempeste, gli Ushmapa, gli spiriti degli antenati; le schiere dei Gandharva, degli Yaksha custodi delle ricchezze, gli Asura demoni degli inferi e i Siddha che raggiungono la perfezione: tutti ti guardano colmi di meraviglia.
23. Vedendo questa tua immensa forma dalle innumerevoli bocche ed occhi, dalle molte braccia, cosce e piedi, dai molti ventri e dai molti formidabili denti, o Mahabahu, i mondi sono turbati come anch’io lo sono.
24. Quando vedo la tua vasta forma che raggiunge il cielo, splendente, multicolore, con la bocca spalancata e gli immensi occhi scintillanti, rimango turbat nell’intimo del cuore, senza pace e e forza, o Visnu.
25. Vedendo le tue bocche dai terribili denti, simili alle fiamme divoratrici del Tempo, mi sento sperduto, confuso e indifeso. Sii benevolo, o Signore dei Deva, supporto degli universi.
26. Ecco laggiù i figli di Dhrtarashtra, tutti i re loro alleati e Bishma e Drona e il grande Karna, insieme ai più valenti guerrieri,
27. tutti entrano precipitosamente nelle tue bocche spaventose dai terribili denti; alcuni rimangono conficcati tra i tuoi denti e le loro teste vengono frantumate e ridotte in polvere.
28. Come le acque di innumerevoli fiumi si gettano nell’oceano, così questi eroi del nostro tempo mortale scompaiono nelle tue fauci fiammeggianti.
29. Come le falene si precipitano verso la fiamma andando incontro alla morte, così tutti questi guerrieri si gettano nel tuo fuoco andando incontro alla propria distruzione.
30. Le tue bocche infuocate divorano tutte le stirpi umane. O Visnu, tu abbracci l’universo con i tuoi raggi infuocati.
31. Rivelati a me! Chi sei tu che ti manifesti in questa forma terrificante? Io ti adoro, o Dio Supremo: sii misericordioso con me. Io desidero fortemente conoscerti, o tu che esiste sin dall’inizio, perché io non comprendo il tuo misterioso agire.
Krishna disse:
32. Io sono il Tempo, il Distruttore dell’universo pervenuto a maturazione e quindi il Distruttore delle stirpi umane. Anche se tu ti rifiutassi di combattere, tutti i guerrieri che ti stanno di fronte non sopravviverebbero.
33. Sorgi dunque e conquista la gloria, sconfiggi i tuoi nemici e rendi il tuo regno fiorente. Sappi che già da gran tempo la morte di tutti costoro è stata da me decretata, tu sei solo lo strumento di ciò che dovrà essere, o Arjuna.
34. Drona, Bishma, Jayadratha e Karna e gli altri eroici guerrieri che sono già stati condannati da me, distruggili senza temere, combatti e vincerai i tuoi nemici.
Sanjaya disse:
35. Quando Arjuna ebbe udito le parole di Krishna, congiunse le mani tremanti e, con voce esitante, inchinandosi in adorazione così parlò:
Arjuna disse:
36. O Krishna, l’universo gode della tua gloria e con ragione se ne rallegra. I Rakshasa, gli spiriti malvagi fuggono spaventati, ma i Siddha, le schiere dei santi si inchinano davanti a te.
37. Come potrebbero non renderti omaggio, o Grande Essere, Tu sei più grande di Brahma, tu sei l’origine di tutto, il Signore dei Deva, l’eterno rifugio dell’universo, l’essere e il non essere, e ciò che è al di là di essi.
38. Tu che sei il primo dei Deva (adideva), il Purusha originario, il supremo sostegno del tutto. Tu sei il conoscitore e ciò che deve essere conosciuto, sei la suprema dimora, l’universo è pervaso dalla tua forma infinita.
39. Tu sei Vayu, Yama, Agni, Varuna, Sasanka e Prajapati, il grande antenato. Gloria te mille e mille volte!
40. Gloria a te da ogni parte, o Dio dell’intero creato. Infinita è il tuo potere, tutto pervadi perché sei il Tutto.
41. Qualunque cosa io abbia detto pensando a te come a un semplice amico: “O Krishna, o Yadeva, o amico”, non conoscendo la tua gloria, per ignoranza o per affetto;
42. E se per scherzo, nello svago, nel riposo, nel sedere, nel mangiare, sono stato irriverente mentre eri solo o in mezzo agli altri, io ti chiedo perdono, o divino Krishna.
43. Tu sei il padre del mondo con ciò che in esso vi è di mobile e immobile. Tu sei l’oggetto di culto e il venerando Guru. Tu non hai eguali e nessuno nei tre mondi è superiore a te.
44. Io mi inchino ai tuoi piedi, mi prostro a te e imploro la tua grazia, o glorioso Signore! Sii indulgente con me come un padre col figlio, come un amico con l’amico, come un amante con l’amata.
45. Nel vedere ciò che nessun uomo ha mai visto, io esulto ma la mia mente è turbata. Mostrami, o Signore, l’altra tua forma, quella umana. Sii benevolo, concedimi questa grazia.
46. Desidero ancora vederti con la corona, lo scettro e il disco. Mostrati a me ancora nella tua forma dalle quattro braccia, tu che possiedi mille braccia e infinite forme.
Krishna disse:
47. Con il potere del mio Yoga, o Arjuna, ti ho benevolmente concesso di vedermi nella mia froma suprema, splendente, universale, infinita, primordiale; nessuno prima l’aveva mai vista. prima.
48. Nè i Veda, né i sacrifici, né lo studio, né la carità, né i riti, né l’austerità consentiranno a chiunque, all’infuori di te, o eroe di Kuru, di vedere questa mia Forma Suprema nel mondo dei mortali.
49. Non spaventarti né angosciarti se mi hai visto nel mio aspetto che incute paura. Liberati dalla paura e guarda ancora la mia forma consueta e amichevole a cuore aperto.
Sanjaya disse:
50. Così Vasudeva parlò ad Arjuna e si rivelò nella sua forma umana. Il Dio di tutte le cose placò così la paura dell’eroe rivelandosi nella sua pacifica bellezza.
Arjuna disse:
51. Vedendo questa placida forma umana, o Janardana, subito il mio animo si rasserena e ritorno nel mio stato usuale.
Krishna rispose:
52. Assai difficile è vedere la mia forma così come tu l’hai vista; anche i Deva bramano a contemplarla.
53. Né i Veda, né le pratiche ascetiche, né i sacrifici possono consentire di vedermi nell’aspetto in cui tu mi hai visto.
54. Solo per mezzo dell’amore gli uomini possono vedermi, conoscermi e venire a me.
55. Solo per mezzo dell’amore gli uomini possono vedermi e conoscermi e venire a me.
56. Colui che agisce per me, colui per il quale io sono il Fine Supremo, colui che a me è devoto, libero da ogni attaccamento, privo di ostilità verso tutti gli altri esseri, questi, o Pandava, viene a me.
Canto XII - BHAKTI YOGA
Arjuna disse:
1. Dimmi, o Krishna, tra coloro che ti adorano in questa forma umana e coloro che ti venerano come l’Immanifesto chi tra i due è il più progredito come Yogi?
Krishna rispose:
2. Io considero migliori coloro che mi adorano, con la mente salda sempre assorta in Me, sempre devoti e con fede incrollabile.
3. Ma coloro che venerano l’Indistruttibile, l’Indescrivibile, l’Immanifesto, l’Onnipresente, l’Impensabile, l’immutabile, l’Immobile e il Permanente,
4. coloro che controllano tutti i sensi (indriya), che rimangono equanimi in ogni circostanza, che sanno gioire del benessere di tutte le creature, essi Mi realizzano.
5. Più difficile è il sentiero per coloro la cui meta è l’Immanifesto, perché l’Immanifesto è arduo da realizzare per chi è legato alla forma umana.
6. Ma coloro che mi sono devoti, coloro che meditano costantemente su di me, coloro che mi dedicano le loro azioni,
7. coloro la cui mente è concentrata su di Me, senza esitazione, io sono colui che li salverà dall’oceano delle nascite e morti (samsara).
8. Fissa dunque la tua mente in Me, a Me rivolgi il tuo intelletto e non dubitare; se lo farai, d’ora in avanti potrai vivere in me.
9. Ma se tu non sei in grado di riposare la tua mente in Me, allora puoi provare a congiungerti a me attraverso la pratica assidua dello Yoga.
10. E, se non sei capace di fare neanche questo, dedica a Me tutte le tue azioni. Avendo Me come fine raggiungerai la perfezione.
11. E, se non sei neanche in grado di agire per me, prendi rifugio nel mio potere e riponi ai miei piedi il frutto delle tue azioni.
12. Perché la conoscenza è superiore alla pratica costante, la meditazione è superiore alla conoscenza; ma ancora meglio della meditazione è la rinuncia sincera e devota ai frutti delle proprie azioni: questa è la rinuncia che conduce alla vera pace.
13. Colui che non è ostile ad alcuna creatura, che è capace di amorevolezza e di compassione, che è libero dall’egoismo, equanime nella gioia e nel dolore, tollerante,
14. soddisfatto, risoluto, equilibrato, con la mente l’intelletto rivolti a me in pace con me, che mi è devoto, questi mi è caro.
15. Colui che non disturba il mondo e non può essere disturbato dal mondo; colui che è libero da gioia, dolore, paura, ansia, questi mi è caro.
16. Colui che è libero da aspettative, che è puro, pronto, calmo, indifferente, che ha rinunciato alle azioni interessate, questi mi è caro.
17. Colui che non esulta e non odia, non si rattrista, non ha aspettative, che non ha desideri; colui che è pieno di devozione questi mi è caro.
18. Colui che è lo stesso di fronte al nemico e all’amico, all’onore e al disonore, al freddo e al caldo, al piacere e al dolore, colui che è libero dall’attaccamento,
19. colui che è equilibrato nel biasimo e nella lode, che vive nel silenzio, che si contenta di ciò che possiede, che non è legato alla sua dimora, che è stabile con la mente, che mi è fervidamente devoto, questi mi è caro.
20. Ma ancora più cari mi sono coloro che seguono questo dharma immortale così come l’ho esposto, che a Me sono devoti e pieni di fede, che hanno Me come fine supremo.
Canto XIII - LA DISTINZIONE FRA IL CAMPO E IL CONOSCITORE DEL CAMPO
Arjuna disse:
La Prakrti e il Purusha, il campo ed il conoscitore del campo, l’oggetto di conoscenza e l’oggetto di conoscenza, questo io desidero apprendere, o Kesava, o Distruttore dei demoni.
Krishna disse:
1. Questo corpo, o Arjuna, è chiamato il campo. Chi lo conosce è chiamato il conoscitore del campo.
2. Sappi dunque che io sono il conoscitore del campo di tutti i campi e che considero la conoscenza del campo e del conoscitore del campo come la vera conoscenza.
3. Ascolta da me e impara cos’è il campo e qual è la sua natura; quali sono le sue trasformazioni e la sua origine; chi è il conoscitore e quali sono i suoi poteri.
4. Dai saggi è stato espresso in vari modi, in modo semplice nei diversi inni vedici e con argomentazioni più complesse anche nei sutra di Brahma (Brahmasutra).
5. I cinque elementi (mahabhuta), l’Ego (ahamkara), l’Intelletto (buddhi), la Natura primordiale indifferenziata (pakrti), i indriya, i cinque oggetti dei sensi,
6. il desiderio, l’avversione, il piacere, il dolore, il potere unificante della mente, l’intelligenza e la perseveranza: tutto ciò è il campo con le sue modificazioni.
7. L’umiltà, l’innocenza, la non violenza, la tolleranza, la rettitudine, il rispetto per il Maestro, la purezza, la costanza, la padronanza di sé,
8. il distacco dagli oggetti dei sensi, l’assenza di egoismo, la comprensione della sofferenza e del dolore inerenti alla nascita, alla morte,vecchiaia, malattia,
9. il non attaccamento ai figli, alla moglie e alla casa, la l’equanimità nelle circostanze favorevoli e sfavorevoli,
10. la capacità di amore costante nei miei confronti, la ricerca di luoghi appartati e l’allontanamento dalle folle rumorose,
11. la perseveranza nella conoscenza dell’atman originario, di cui si intuisce la Verità: questa è la vera conoscenza. Tutto ciò che vi si oppone è ignoranza.
12. Ora ti dirò qual è il fine della conoscenza che conduce all’immortalità. E’ il sommo Brahman senza inizio, di cui si dice che né esiste né non esiste.
13. Le sue mani e i suoi piedi, la sua testa, le sue braccia e le sue orecchie si moltiplicano ovunque. Esso dimora nell’universo avvolgendo tutto.
14. Sebbene privo di sensi è la fonte di tutte le facoltà sensoriali; sebbene privo di attaccamento sostiene tutti gli esseri; sebbene libero dalla prakrti conosce le sue qualità (guna).
15. E’ all’esterno e all’interno di tutti gli esseri, animati e inanimati. Egli è impercettibile a causa della sua sottigliezza, è lontano e al contempo è vicino.
16. Sebbene è indivisibile appare diviso in innumerevoli esseri. Deve essere conosciuto come il creatore, il preservatore e il trasformatore di tutti gli esseri.
17. Egli è la luce di tutte le luci ed è oltre l’oscurità. Egli è il soggetto, l’oggetto della conoscenza e la conoscenza stessa. La sua sede è nel cuore di tutti gli esseri.
18. In breve ti ho parlato del campo, della conoscenza e del conoscitore del campo. Colui che comprende questo raggiunge il mio Essere.
19. Sappi che la Natura (Prakrti) e il Purusha sono entrambi senza inizio e che le modificazioni e le qualità sono prodotte dalla Natura.
20. Prakrti è la sorgente dell’agire e produce causa ed effetto; il Purusha è il soggetto (jiva) che sperimenta piacere e dolore.
21. Il Purusha, dimorando nella Prakrti, sperimenta i guna prodotti da essa. L’identificazione ai guna è causa del suo rinascere con un buona o cattiva matrice.
22. Il supremo purusha nel corpo è chiamato Testimone, colui che approva, sostiene, esprime il sommo Signore, l’atman supremo (paramatma).
23. Colui che così conosce il Purusha, la Prakrti e i guna, in qualunque condizione si trovi, non rinascerà più.
24. Per contemplare in se stessi l’atman universale tramite il jivatman individuale alcuni seguono la via della meditazione (Yoga), altri la via della speculazione filosofica (Samkhya) e altri ancora la via dell’azione (Karma yoga).
25. Altri invece, ignorando queste vie e avendo udito e appreso da altri, compiono atti di fede. Anche costoro, grazie alla loro devozione, passano trionfano sulla morte.
26. Qualunque cosa nasca, o Arjuna, sia essa animata o inanimata, sappi che proviene dall’unione del campo e del conoscitore del campo.
27. Colui che vede che il Signore supremo in tutte le creature, che mai muore anche se esse muoiono, costui vede la verità.
28. Colui che vede il Signore dimorare ovunque, non rischia di perdersi qualunque cosa faccia e raggiunge il Fine Supremo.
29. Colui che tutte le azioni sono prodotte dalla Natura e che l’Atman non agisce, costui vede la verità
30. Quando un uomo comprende che la molteplicità esistenziale risiede nell’Uno e da questo procede, egli raggiunge il Brahman.
31. Pur essendo senza inizio e senza qualità e pur trovandosi in un corpo, questo imperituro paramatma è nè agente né contaminato.
32. Come l’onnipervadente etere (akasa) per la sua sottigliezza non è contaminato, così l’atman, pur dimorando dappertutto nel corpo, non è contaminato.
33. Come il sole illumina questo mondo, il Signore del campo rende visibile tutto il campo.
34. Coloro che con l’occhio della conoscenza sanno distinguere il campo dal conoscitore del campo e vedono la liberazione delle creature dalla prakrti, costoro si uniscono al Supremo.
Canto XIV - TRASCENDERE I GUNA
Krishna disse:
1. Io ti svelerò la conoscenza suprema: la più grande di tutte le conoscenze. I saggi che ne sono stati illuminati hanno raggiunto la perfezione assoluta.
2. Muniti di tale conoscenza, essi sono diventati parte di me: essi né rinasceranno al momento della creazione e né saranno turbati al momento del dissolvimento universale.
3. La mia matrice è il grande Brahman; in Esso io depongo il mio seme; da Esso hanno origine tutti gli esseri.
4. Quali che siano le forme prodotte da qualsiasi matrice, il supremo Brahma è la loro matrice e Io sono il padre che depone il seme (bija).
5. Sattva, Rajas, Tamas sono i tre costituenti (guna) della natura (prakrti). Essi confinano nel corpo l’essere immortale che vi dimora dentro.
6. Sattva, per la sua purezza porta luce e salute nella vita, vincola alla felicità terrena e alla conoscenza.
7. Rajas, di natura attrattiva, è impregnato di passioni e genera desiderio ed attaccamento, vincola l’incarnato all’agire.
8. Tamas nasce dall’ignoranza e illude tutti gli esseri incqrnati. Esso vincola per mezzo della negligenza, dell’indolenza e della pigrizia.
9. Il Sattva imprigiona con la felicità; il Rajas con l’azione; il Tamas, offuscando la conoscenza, con la negligenza.
10. Talvolta Sattva prevale su rajas e Tamas; talvolta Rajas prevale su Tamas e Sattva ed altre volte ancora è Tamas che prevale su sattva e Rajas.
11. Quando la luce della conoscenza illumina tutte le porte del corpo, allora significa che Sattva sta prevalendo.
12. Quando rajas ha il sopravvento, si manifestano la cupidigia, l’operosità, l’irrequietezza e il desiderio ardente.
13. Quando prevale Tamas, si manifestano oscurità, indolenza, negligenza e illusione.
14. Se al momento della morte prevale Sattva, l’uomo va nel mondo dei puri, di coloro che conoscono il Supremo.
15. Se al momento della morte predomina Rajas, egli rinasce tra coloro che sono legati all’agire; se poi al momento della morte prevale Tamas, rinasce tra color che sono immersi nell’illusione.
16. Ogni azione positiva porta in sé la pura armonia del Sattva; ma quando viene compiuta sotto l’influenza di Rajas è portatrice di dolore e quando è dominata da Tamas genera ignoranza.
17. Da Sattva deriva la saggezza, da Rajas l’avidità e da Tamas la negligenza, la confusione mentale e l’ignoranza.
18. Coloro che sono nella dimensione del Sattva percorrono il cammino che conduce in alto, chi è dominato da Rajas segue il sentiero che si svolge in pianura, mentre coloro che vivono in Tamas si muovono su un percorso che porta verso il basso.
19. Quando il veggente non scorge alcun agente all’infuori dei guna e comprende ciò che è al di là di essi, egli si avvicina alla mia essenza.
20. E quando l’anima incarnata s’innalza al di sopra dei tre guna, libero dalla nascita, morte, vecchiaia e dolore, consegue l’immortalità.
Arjuna disse:
21. Da quali segni si distingue colui che ha trasceso i tre guna? Qual è la sua condotta? In che modo è riuscito a trascenderli?
Krishna disse:
22. Colui che non respinge la luce, l’attività o l’ignoranza quando esse si manifestano e che non le desidera quando non si manifestano,
23. colui che non è toccato dai guna perché è consapevole che sono i guna ad agire,
24. colui che considera in modo equanime piacere e dolore, che è fondato saldamento in se stesso, che considera allo stesso modo una zolla di terra, un sasso o un lingotto d’oro, che guarda allo stesso modo le cose piacevoli e spiacevoli, colui che è indifferente a lode e biasimo,
25. colui che rimane lo stesso nell’onore e disonore, verso gli amici e i nemici, che ha abbandonato ogni azione egoistica: questi si dice aver trasceso i guna.
26. Colui che mi adora con amore sincero e mi rende onore con fede incrollabile (bhaktiyogi) anche lui trascende i guna e si riunifica al Brahman.
27. Perché Io sono il fondamento del Brahma, l’immortale e l’indistruttibile dharma e la gioia infinita.
Canto XV - IL PURUSHA SUPREMO
Krishna disse:
1. Dicono che c’è un albero immortale (Asvattha) che ha le sue radici in alto e i rami in basso. Le sue foglie sono gli inni sacri dei Veda e colui che lo conosce, conosce i Veda.
2. I suoi rami si estendono in alto e in basso, vitalizzati dai guna; i suoi germogli sono gli oggetti dei sensi; e in basso nel mondo degli uomini ci sono i frutti legati alle azioni.
3. Nessuno quaggiù può percepirne la forma, il principio e la fine. Quando con la spada affilata del distacco si è troncato l’Asvattha fortemente radicato,
4. allora bisogna cercare quel luogo dal quale non è più possibile un ritorno e rifugiarsi nel Purusha primordiale da cui è provenuto l’impulso creativo originario.
5. Libero da orgoglio, illusione, attaccamento, desiderio, dalla dualità di piacere e dolore, sempre assorto nell’adhyatma, egli può accedere all’Eterno.
6. Né il sole nè la luna né il fuoco rischiarano quel luogo. Coloro che raggiungono quel luogo non faranno ritorno.
7. Un eterno frammento di me, diviene un’anima vivente (jiva) in questo mondo dei mortali, e attrae a sé la mente con i cinque sensi che trovano fondamento nella Natura (prakrti).
8. Quando il Signore si incarna in un corpo o ne esce porta con sé tutti i sensi (indriya), come il vento che prende i profumi dal luogo in cui risiedono.
9. Usando la vista, l’udito, l’odorato, il gusto e il tatto insieme alle facoltà della mente, entra in contatto con gli oggetti dei sensi.
10. Coloro che sono offuscati dall’illusione non lo vedono lasciare il corpo o dimorare in esso o fruire dei guna; solo coloro che hanno l’occhio della conoscenza lo vedono.
11. Gli Yogi lo percepiscono dentro di sè; coloro che invece sono impuri e indisciplinati, per quanti sforzi facciano, non possono in alcun modo vederlo.
12. Sappi che quello splendore di luce che emana dal sole e che illumina l’intero universo, sia la pallida luce della luna, sia il bagliore del fuoco, traggono origine in me.
13. Impregnando la terra con il mi splendore sostengo con l’energia tutte le creature e diventando il Soma nutro tutte le piante.
14. Divenendo il fuoco trasformatore (Vaisvanara) nel corpo delle creature viventi, mescolando prana e apana digerisco i quattro tipi di alimenti.
15. Io dimoro nel cuore di tutti gli esseri; da me provengono memoria e conoscenza come la loro privazione; Io sono altresì colui che deve essere conosciuto meditante i Veda, sono anche l’autore del Vedanta e il vero conoscitore dei Veda.
16. In questo mondo ci sono due purusha: il distruttibile l’indistruttibile; il primo è in tutte le cose che fanno parte della creazione; l’altro è l’immutabile essenza.
17. Ma il purusha più elevato è un altro: è chiamato il Signore Supremo (Paramatma) che pervade i tre mondi e li sostiene.
18. Poiché io trascendo il distruttibile e anche l’indistruttibile, nel mondo dei Veda sono celebrato come il Purusha Supremo (Purusottama).
19. Colui che, con vedere chiaro, mi conosce come Purusottama, questi conosce tutto ciò che può essere conosciuto e mi adora con tutto se stesso.
20. Io ti ho rivelato, o Arjuna, la più segreta delle dottrine. Colui che la realizza diverrà saggio e non gli rimarrà più niente da compiere, o Bharata.
Canto XVI - LA NATURA DIVINA E LA NATURA DEMONIACA
Krishna disse:
1. Assenza di paura, purezza, stabilità nella conoscenza e nella contemplazione, carità, dominio di sé, compimento di sacrifici, studio delle scritture sacre, autodisciplina e rettitudine;
2. non violenza, verità, assenza di collera, rinuncia, pace, assenza di malizia, compassione per tutti gli esseri, assenza di avidità, dolcezza, modestia e tranquillità;
3. vigore, perdono, saldezza morale, purezza, assenza di odio e assenza di orgoglio: queste sono le qualità di colui che è nato per la divina perfezione.
4. Ipocrisia, arroganza, vanità, ira, rigidità e ignoranza: queste sono le caratteristiche di colui che ha una natura demoniaca.
5. Le qualità divine portano alla liberazione e le caratteristiche demoniache portano alla schiavitù. Non temere, o Arjuna: tu sei nato con una natura divina.
6. In questo mondo vi sono due tipi di esseri: quelli divini (daiva) e quelli demoniaci (asura). Delle qualità divine ti ho parlato ampiamente. Ascolta adesso le caratteristiche della natura infernale.
7. Gli esseri demoniaci non conoscono né la via dell’azione la via della rinuncia all’azione; in loro non vi è purezza, né rettitudine né verità.
8. Essi dicono: “Questo mondo è privo di verità, di rettitudine morale, di Dio; è privo di un’ordinata connessione causale, esso è generato solo dal desiderio”.
9. Di ciò convinti, questi infelici, privi di comprensione e pieni di violenza, vengono nel mondo per distruggerlo.
10. Schiavi di insaziabili desideri, pieni di orgoglio, di ipocrisia, di arroganza, a causa dell’ignoranza, hanno cattive inclinazioni e motivazioni impure.
11. Dediti a imprese senza misura che terminano solo con la morte, perseguono la meta nel soddisfacimento dei desideri, convinti che ciò sia tutto.
12. Schiavi dei mille vincoli del desiderio, dediti al piacere e all’ira, cercano di accumulare ricchezza con mezzi illeciti, per soddisfare le proprie passioni.
13. “Oggi ho ottenuto questo; domani riuscirò a soddisfare questo desiderio; questo è mio e anche quello domani sarà mio”.
14. “Oggi ho sconfitto il mio nemico e domani ne sconfiggerò altri. Io sono il padrone, mi godo la vita; sono perfetto, forte e felice”.
15. “Sono ricco e di nobili natali; chi altri è mio pari? Farò offerte sacrificali, elargirò doni, mi rallegrerò”. Così essi pensano illusi dall’ignoranza.
16. Fuorviati dalle loro errate convinzioni, intrappolati nella rete delle loro illusioni, incatenati ai piaceri e alle passioni, essi precipitano nel loro inferno.
17. Arroganti, pieni di orgoglio e bramosi di ricchezze, essi fanno le loro offerte sacrificali solo nominalmente senza conformarsi ai precetti del rito.
18. Abbandonandosi all’egoismo, alla prepotenza, all’arroganza, come al desiderio e all’ira, questi uomini malvagi odiano Me in se stessi e negli altri.
19. Essi che sono astiosi , crudeli, i più vili tra gli uomini, nel susseguirsi delle morti e rinascite (samsara) sprofondano sempre più in matrici demoniache.
20. In tali matrici, illudendosi vita dopo vita, essi non Mi raggiungono e rinascono in una vita di livello inferiore, o Arjuna.
21. Triplice è la porta dell’abisso che conduce alla rovina: passione, ira e possesso. Bisogna quindi riuscire a evitare queste tre porte.
22. Colui che si è liberato da queste tre porte dell’oscurità consegue il meglio per se stesso e raggiunge la meta suprema.
23. Colui che invece disdegna i precetti delle Scritture e segue gli impulsi del desiderio non raggiunge né la perfezione, né la felicità, né la meta suprema.
24. Le Scritture siano dunque la tua guida per la tua condotta di vita. Consapevole di ciò che gli Shastra dichiarano, compi la tua azione.
Canto XVII - I TRE TIPI DI FEDE
Arjuna disse:
1. Dimmi, o Krishna, qual è la condizione di coloro che, pur non seguendo la legge delle Scritture, offrono sacrifici animati da sincera fede? Sono essi dalla parte del Sattva, del Rajas o del Tamas?
Krishna disse:
2. Di tre tipi è la fede degli esseri incarnati: sattvica, rajasica e tamsica. Ascolta le mie parole in proposito.
3. La fede di un uomo segue la sua natura, o Arjuna. L’uomo è fatto di fede: come è la sua fede così egli è.
4. I sattvici venerano i Deva (gli dei della luce), i rajasici gli Yaksa (gli dei del potere e della ricchezza) e i tamasici i Petra e le schiere dei Bhuta (i fantasmi e gli spiriti della notte).
5. Gli esseri terribilmente austeri, pieni di ipocrisia, egoismo, violenza, cupidigia e passione,
6. privi di ragione tormentano gli elementi del corpo e mortificano anche me che dimoro nel loro corpo. Sappi che la mente di queste persone è dominata dall’oscurità.
7. Di tre specie è anche il cibo che a loro è tanto caro; così anche il sacrificio, l’austerità e la donazione. Ascolta questa distinzione.
8. I cibi puri che accrescono la longevità, la vitalità, la forza, la salute, la felicità sono saporiti, nutrienti, gradevoli, questi sono i preferiti dai sattvici.
9. I cibi amari, acidi e salati; i cibi eccessivamente caldi, piccanti, aspri, che bruciano e causano dolore, sofferenza e indigestione, questi sono i preferiti dai rajasici.
10. I cibi stantii e privi di sapore, i cibi guasti e gli avanzi, i cibi impuri, questi sono i preferiti dai tamasici.
11. Il sacrificio offerto da coloro che non aspettano ricompensa, secondo i precetti delle Scritture, con la ferma convinzione che sia doveroso farlo è sattvico.
12. Sappi però, o migliore tra i Bharata, che il sacrificio fatto per ottenere ricompensa o per vanto appartiene al rajas.
13. Il sacrifico, privo di fede e contrario ai precetti, compiuto senza offerta di cibo, senza mantra, senza doni appartiene al tamas.
14. La venerazione dei Deva, dei nati due volte, del Guru e dei saggi; la purezza, la rettitudine, la castità e la non violenza. Tutto ciò è considerato l’austerità del corpo.
15. La parola che non produce turbamento, che ‘ sincera, piacevole, benefica e lo studio delle scritture. Tutto ciò è considerata l’austerità della parola.
16. La tranquillità mentale, la gentilezza, il silenzio, il dominio di sè e la purezza di cuore. Tutto ciò è considerata l’austerità della mente.
17. Questa triplice austerità, praticata con sincera fede da esseri devoti e senza desiderio di ricompensa, è considerata sattvica.
18. L’austerità praticata per ottenere approvazione, onore e rispetto, è considerata rajasica Rajas ed essa è effimera.
19. L’austerità praticata per ignoranza per torturare se stessi e nuocere agli altri è considerata tamasica.
20. I dono quando è offerto con il cuore alla persona giusta nel momento giusto e nel luogo giusto, senza che ci si aspetti nulla in cambio è ritenuto sattvico.
21. Il dono fatto aspettandosi qualcosa in cambio o per propiziarsi un beneficio futuro, o fatto con riluttanza, è ritenuto rajasico.
22. Il dono fatto alla persona sbagliata nel momento sbagliato e nel luogo sbagliato, senza rispetto e con disprezzo, è ritenuto tamasico.
23. OM, TAT, SAT: questa è la triplice designazione del Brahman, da cui derivano nei tempi antichi i Brahmana, i Veda e i Sacrifici.
24. Perciò con la parola OM, gli adoratori di Brahman danno inizio agli atti di sacrificio, donazione e austerità prescritti dalle scritture.
25. Pronunciando la parola TAT, coloro che aspirano alla liberazione compiono, senza guardare ai frutti, i diversi atti di sacrificio, di donazione e di austerità.
26. La parola SAT esprime ciò che è reale e santo ed altresì l’azione lodevole.
27. La perseveranza e la fede negli atti sacrificali, nelle austerità e nelle donazioni è chiamata anche SAT e così ogni azione compiuta a questo scopo è chiamata SAT.
28. Sacrifici, austerità e donazioni, quando sono compiuti senza fede, sono chiamati ASAT e non valgono nulla, né in questa vita né dopo la morte.
Canto XVIII - LIBERAZIONE E RINUNCIA
Arjuna disse:
1. Parlami ora, o Krishna, dell’essenza della rinuncia (sannyasa) e dell’abbandono (tyaga).
Krishna disse:
2. I saggi chiamano “rinuncia” l’azione disinteressata e chiamano “abbandono” la rinuncia al frutto di tutte le azioni.
3. Alcuni saggi sostengono che bisogna rinunciare alle azioni perché piene di difetti; altri invece sostengono che non si deve rinunciare alle azioni legate ai sacrifici, alle donazioni e alle austerità.
4. Ascolta, o migliore tra i Bharata, ciò che si deve intendere per abbandono. Si dice esservi tre tipi di abbandono, o Purusavyaghra, o tigre fra gli uomini.
5. I sacrifici, le donazioni e le austerità non devono essere abbandonate, bensì adempiute perché costituiscono azioni purificatrici dei saggi.
6. Tuttavia, o Arjuna, queste azioni devono compiersi abbandonando ogni attaccamento o desiderio ai frutti. Questa, o figlio di Pritha, è il mio supremo insegnamento.
7. Non è opportuno rinunciare a compiere le azioni prescritte; tale rinuncia, nata dall’illusione, è considerata tamasica.
8. Colui che abbandona l’azione per timore del dolore fisico, questi compie una rinuncia rajasica; certamente non potrà ottenere il frutto dell’abbandono.
9. Ma, o Arjuna, chi compie un’azione prescritta, ritenuta giusta, abbandonando ogni attaccamento o desiderio ai frutti, compie una rinuncia sattvica.
10. Il saggio, assorto nel sattva, non animato da dubbi, compie la rinuncia senza odiare l’azione spiacevole e senza gioire per l’azione piacevole.
11. Per l’essere che possiede un corpo è veramente impossibile rinunciare completamente all’azione, ma colui che abbandona il frutto delle azioni è il vero rinunciante.
12. Di tre tipi è il frutto delle azioni: buono, cattivo e misto. Per coloro che non rinunciano esso matura dopo la morte; per i rinuncianti esso invece non matura mai.
13. Ascolta ora, o Arjuna, le cinque cause di tutte le azioni prescritte dal Samkhya.
14. La sede (adhisthana), l’agente (karta), gli organi dell’azione (indriya), le diverse energie vitali (prana) prese separatamente e, come quinto, i sensi e le facoltà sensoriali (daiva).
15. Ogni azione, giusta o sbagliata, che l’individuo compie con il corpo, la parola o la mente, si compone di questi 5 principi.
16. L’individuo dall’intelletto offuscato che vede dunque se stesso il solo artefice delle proprie azioni, di certo non vede il vero.
17. Colui che è privo di egoismo, il cui intelletto non è offuscato, anche se uccidesse tutti questi uomini in realtà non ucciderebbe e non sarebbe vincolato.
18. Il soggetto della conoscenza, l’oggetto della conoscenza e la conoscenza costituiscono i tre tipi di impulso ad agire. L’agente, gli strumenti dell’agire e l’azione sono i tre elementi dell’azione.
19. La conoscenza, l’azione e il soggetto dell’azione possono essere di tre specie, a seconda del prevalere delle qualità (guna).
20. E’ sattvica la conoscenza che in ogni essere vede l’unico Essere Eterno, indiviso seppure nelle esistenze divise.
21. E’ rajasica quella conoscenza che in ogni essere vede diverse nature separate e differenti tra loro.
22. Infine, è tamasica quella conoscenza limitata che in ogni essere vede un singolo dato come se fosse il tutto, non comprendendo la causa e ciò che è reale.
23. L’azione prescritta, libera da attaccamento, compiuta senza desiderio o ostilità, senza desiderio per i frutti, è detta sattvica.
24. L’azione compiuta per soddisfare un proprio desiderio, con egoismo e con grande sforzo, è detta invece rajasica.
25. L’azione, fondata sull’ignoranza, compiuta senza valutare le proprie forze e senza pensare ai danni che può causare a sé o agli altri, è detta tamasica.
26. Colui che compie un’azione, libero da attaccamento e egoismo, dotato di perseveranza ed energia, che non è turbato da successo ed insuccesso, è detto pervaso di sattva.
27. Colui che compie un’azione, schiavo delle passioni che agisca per tornaconto personale, avido, violento e impuro, soggetto a gioia e dolore, è detto pervaso di rajas.
28. Colui che compie un’azione, senza attenzione, trivale, ostinato, falso, offensivo, indolente, depresso e procrastinatore, è detto pervaso di tamas.
29. Ti parlerò ora dei tre tipi di intelletto e di fermezza, a seconda del prevalere dei guna.
30. Quell’intelletto che distingue l’agire dal non agire, ciò che si deve e non deve fare, ciò che si deve e non deve temere, ciò che vincola e ciò che libera, è pervaso di sattva.
31. Quell’intelletto che non consente di stabilire con chiarezza ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ciò che si deve fare da ciò che non andrebbe fatto, è pervaso di rajas.
32. Infine quell’intelletto che, avvolto dall’oscurità, confonde il giusto con l’ingiusto e le cose che devono essere fatte con quelle che non devono farsi e viceversa, è pervaso di tamas.
33. Quella costante fermezza, conseguita con la pratica yoga, che regola le attività delle mente (manas), dell’energia vitale (prana), dei sensi (indriya) e delle azioni (kriya), è detta pervasa di sattva.
34. Quella costante fermezza con cui l’individuo persegue il dovere (dharma), il desiderio (kama), la ricchezza materiale (artha) con attaccamento ai frutti dell’azione è detta pervasa di rajas.
35. E infine quella costante fermezza con cui lo stolto non si separa dalla pigrizia, dalla paura, dal dolore, dalla tristezza e dall’eccitazione è detta pervasa di tamas.
36. Ed or ti parlerò, o Arjuna, dei tre tipi di felicità. Quella felicità che si gode grazie ad una pratica assidua e con la quale si estingue ogni dolore;
37. quella felicità che all’inizio è come veleno ma che poi diventa simile a nettare, che nasce da una chiara visione dell’atman, è detta pervasa di sattva.
38. Quella felicità che nasce dal contatto dei sensi con gli oggetti, che all’inizio è simile a nettare ma che poi diventa veleno, è detta pervasa di rajas.
39. Quella felicità che, sia all’inizio sia alla fine, è soltanto illusione, che è dettata dal sonno, dalla pigrizia e dall’incuria è detta pervasa di tamas.
40. Non vi è nessuno sulla terra o in cielo tra i Deva, o Arjuna, che sia libero da questi tre Guna, prodotti dalla Natura.
41. I doveri dei sacerdoti (brahmana), dei guerrieri (ksatriya), dei contadini e degli artigiani (vaisya) e dei servi (sudra) sono distinti secondo i guna originati dalla loro stessa natura.
42. Le qualità inerenti all’agire del brahmana sono la tranquillità, il dominio di sé, l’austerità, la tolleranza, la rettitudine, la saggezza (jnana), la conoscenza distintiva (vijnana) e la compassione.
43. Gli attributi inerenti all’agire del guerriero sono l’eroismo, il vigore, la fermezza, l’abilità, la tenacia, la generosità e l’attitudine al comando.
44. Le qualità inerenti l’agire dei contadini e artigiani sono l’essere portati alle mansioni dell’agricoltura, dell’allevamento del bestiame e del commercio; e l’agire del servo consiste nella sua disposizione naturale a servire.
45. Colui che trova piacere nel compiere il proprio dovere raggiunge la perfezione. Ed ora ti spiegherò in quale modo colui che compie il proprio dovere raggiunge la perfezione.
46. L’individuo raggiunge la perfezione quando le sue azioni sono dedicate a Colui da cui tutto proviene e che pervade l’intero universo.
47. E’ meglio compiere, anche in modo imperfetto, il proprio dovere (dharma), che compiere in modo perfetto il dovere altrui. Colui che compie il dovere inerente alla sua natura non commette errore.
48. Non si deve trascurare il dovere connaturato, anche se pieno di difetti; perché tutte le azioni sono coperte da difetti come il fuoco è coperto dal fumo.
49. Colui il cui intelletto è libero da attaccamento, colui che è padrone di sé, che si affrancato dai desideri, consegue per mezzo della rinuncia la liberazione da ogni agire (karma).
50. Ora ti dirò in che modo costui, che ha realizzato la perfezione, può raggiungere il Brahman, la conoscenza suprema.
51. Colui che ha purificato l’intelletto, dominato con fermezza se stesso, che ha dimenticato il suono e gli altri oggetti di senso, che si è disidentificato da ogni attrazione e repulsione,
52. colui che dimora in solitudine, che mangia con moderazione, che controlla corpo, parola e mente, che pratica la meditazione e che contempla, che è distaccato,
53. colui che è libeo da egoismo, prepotenza, arroganza, desiderio, collera, avidità, privo del senso dell’io e con il cuore in pace, quegli può divenire identico al Brahman.
54. Divenendo uno con il Brahman, quindi sereno di animo, né afflitto né desideroso, equanime verso tutte le creature, attinge la comprensione suprema.
55. Grazie all’amore devoto giunge a conoscermi come veramente sono; e, quando mi ha conosciuto così nel profondo, egli entra in Me.
56. L’essere che si rifugia in Me, qualunque azione intraprenda, ottiene l’eterna e indistruttibile dimora.
57. Abbandonando a Me mentalmente le tua azioni, praticando lo yoga dell’intelletto (Buddhiyoga), abbi il tuo pensiero sempre rivolto a Me.
58. Fissando la tua mente in Me, supererai con il mio aiuto tutte le difficoltà, ma se per egoismo non mi ascolterai ti perderai.
59. Se ti abbandonerai all’egoismo e dirai “non combatto”, vana sarà questa tua decisione perché sarà la tua stessa natura a costringerti ad agire.
60. Soggetto alla legge del karma, delle forze che hanno dominato le tue vite passate, tutto ciò che tu, dal tuo punto di vista distorto, vorresti non fare, sarai costretto a farlo tuo malgrado.
61. Perché Dio (Isvara), o Arjuna, dimora nei cuori di tutti gli esseri, e con la sua maya li fa muovere come se ciascuno non fosse altro che una ruota di una grande macchina.
62. Rifugiati in Lui con tutto il cuore, o discendente di Bharata; per sua grazia realizzerai la pace suprema e il tuo posto nell’eternità.
63. Così ti ho svelato la più segreta conoscenza (jnana). Medita su di essa senza tralasciare nulla e poi agisci come meglio credi.
64. Di nuovo ascolta la mia parola, la più segreta di tutte; per l’amore che io ti porto, ti rivelerò ciò che è meglio per te.
65. Concentra la tua mente in Me, amami, onorami, offri a me i tuoi sacrifici, così tu verrai a Me e io ti rivelerò la verità, perché tu mi sei caro.
66. Abbandona tutti i tuoi doveri (dharma), prendi in Me il tuo unico rifugio, io ti libererò da tutti i mali, cessa dunque di affliggerti.
67. Ciò che ti ho rivelato non devi mai svelarlo a chi non pratica l’autocontrollo, a chi è privo di devozione, a chi infrange le mie parole e a chi parla male di me.
68. Colui che mi dimostra somma devozione e confiderà ai miei ricercatori questo supremo segreto, questi certo si riunirà a Me.
69. Nessuno tra tutti gli uomini potrà compiere mai un’azione che mi sia più cara; nessuno mai in questo mondo mi sarà più caro di lui.
70. Colui che studierà questo nostro dialogo secondo i sacri principi, mi offrirà il sacrificio della conoscenza. Questa è la mia verità.
71. E anche chi soltanto ascolterà con fede e privo di malizia, anche questi sarà liberato e raggiungerà i mondi beati dei giusti.
72. O Arjuna, hai potuto udire con la mente concentrata le mie parole? Il tuo errore, causato dall’ignoranza, è stato dissipato?
Arjuna disse:
73. Grazie a te, il mio smarrimento è svanito, ho ritrovato la memoria. Libero da ogni dubbio, con fermezza, seguirò la tua parola.
Sanjaya disse:
74. Così ho udito questo stupendo dialogo tra Vasudeva (Krishna) e il mahatma Partha (Arjuna).
75. Grazie al poeta Vyasa ho potuto conoscere questo supremo Yoga segreto direttamente dal Signore dello Yoga.
76. O Re, di quel dialogo sacro tra Kesava, il Distruttore dei demoni e Arjuna, il mio cuore si riempie di gioia.
77. E ogni volta richiamo alla mente quella meravigliosa forma di Hari, grande è in mio stupore e ancora torno a gioire.
78. Ovunque sia Krishna, Maestro dello Yoga, e ovunque sia Arjuna, maestro del suo arco, colà si trovano la fortuna, la vittoria, la prosperità e la giustizia: questo io credo.