DIVINITA’ INDIANE

TRIMURTI (BRAHMA, VISNHU E SHIVA)

Nei 18 Purana maggiori sono indicate le gesta, i simbolismi riguardanti le maggiori divinità indiane: Brahma, Visnu e Shiva.



BRAHMA è la prima manifestazione del Brahman, è il primo ad essere creato all’inizio di ogni ciclo cosmico (kalpa), per questo è considerato il creatore dell’universo anche se non occupa una posizione centrale nella triade.
La sua rappresentazione iconografica lo mostra con: 4 braccia (in una mano tiene un vassoio colmo d’acqua, l’acqua da cui ogni forma di vita deriva sottolinea il suo ruolo di creatore; in un’altra mano tiene il rosario delle preghiere composto dalle perle del tempo cui ogni vivente è sottoposto; con le altre due mani fa i gesti della promessa di protezione e dell’esaudimento dei desideri) e 4 teste (che simboleggiano i 4 Veda, le 4 direzioni verso cui guarda stanno ad indicare la sua onniscienza), la capigliatura acconciata in forma di corona, vestito con una pelle nera d’antilope, in piedi o seduto su un loto (che simboleggia l’inizio della creazione), viene trasportato da un’oca selvaggia (hamsa) che riesce a separare il latte dall’acqua.
Secondo la visione cosmologica indiana tradizionale l’evoluzione dell’universo è ciclica. Un ciclo cosmico (kalpa o giorno di Brahma) dura 432 miliardi di anni ed è suddiviso nelle 4 ere (yuga): satya, tetra, dvapara e kali yuga. Alla fine di ogni giorno di Brahma sovviene una notte di Brahma della stessa durata del giorno (1 kalpa) dove avviene una parziale distruzione del mondo (pralaya) per opera del fuoco, acqua e vento. Dopo ogni 100 anni di Brahma (mahakalpa) Brahma muore e avviene una distruzione totale dell’universo (mahapralaya) che dura quanto è la durata di Brahma (100 anni di Brahma). Dopo questo periodo Brahma rinasce e si ripete nuovamente il ciclo.

Sua consorte è Saraswati, la dea della musica e della poesia (anche venerata con i nomi di Savitri, Gayatri e Brahmani), è la Madre dei Veda il cui attributo è il sithar medioevale (vina).





VISHNU è il conservatore dell’universo, è colui che s’incarna sulla terra ogni volta iniziano a prevalere forze negative per ristabilire i principi dharmici di rettitudine, è colui che salva l’umanità dalle forze che tendono a distruggerla e mantiene la vita dopo la dissoluzione dell’universo per consentirne la rinascita (una nuova creazione). Per questo ricopre una posizione rilevante nell’ambito della triade. La sua rappresentazione iconografica lo mostra: per lo più come giovanetto, con 4 mani nelle quali tiene 4 attributi (la conchiglia che rappresenta i 5 elementi e l’origine della vita, la ruota che simboleggia la mutevolezza continua dell’esistenza, la clava simboleggia la sapienza originaria e l’esistenza individuale, il loto o l’arco indica la forza da cui sorse l’universo), nel gesto della protezione, con la corona regale e un cordone sacrificale diviso in tre strisce (che simboleggiano le lettere del sacro mantra AUM) e gli orecchini Makara (sapienza e conoscenza intuitiva), sul cui petto risplende la pietra preziosa Kaustubha, riposa sul serpente del mondo che nuota nell’oceano o a cavallo del suo animale (Garuda).

Sua consorte è Lakshmi: sorta dal vortice del mare di latte quale incarnazione della sovrabbondanza, è considerata la madre primordiale di ogni forma di vita.

Tra le sue 10 reincarnazione, le più significative: Rama (settima), Krishna (ottava) e Buddha (nona).





La leggenda del principe Rama (settima incarnazione del Dio Vishnu) e della consorte Sita è nota soprattutto nel poema epico Ramayana. L’epopea narra come Dasharatha, re di Kosala, si accingesse ad investire il figlio maggiore Rama come principe della corona quando gli intrighi di palazzo condotti da Kaikeyi, una delle quattro mogli del re, lo costrinsero ad una condanna all’esilio nella foresta per 14 anni. Rama partì con la moglie Sita ed il fratellino Lakshman. Un giorno, mentre era assente, il demone Ravana, re di Lanka, rapì Sita. Con l’aiuto del re scimmia Sugriva e del suo esercito condotto da Hanuman, Rama assediò Lanka, uccise Ravana e salvò Sita. Al termine dell’esilio fu incoronato.
Nello Yoga Vasishtha, un antico e importante testo sanscrito sul Vedanta, Vasishtha (un grande Rishi) impartiva la conoscenza suprema al principe Rama, suo discepolo servendosi di antiche e bellissime storie.






Il Signore Krishna (ottava incarnazione di Vishnu) è in origine il dio delle tribù pastorali delle foreste in riva allo Yamuna. Nella leggenda è un erede al trono allevato dal pastore Nanda assieme al fratellino Balarama. Nella Gita Govinda si cantano le sue avventure con le Gopi (pastorelle) e con la compagna Rada.

Ma è nella Bagavad Gita che si rivela come l’Assoluto nel ruolo simbolico di saggio consigliere dei Pandavas e conduttore del carro di Arjuna nella battaglia di Kuruksetra.




Il Buddha (nona incarnazione) è rappresentato seduto su una base di loto o in meditazione, i lobi delle orecchie sono lunghi e senza gioielli, la testa è ricoperta da un corto cappello, le mani mostrano il gesto della promessa e dell’esaudimento del desiderio.









SHIVA è la figura più importante nell’ambito della Trimurti, in lui vivono tendenze opposte, è conosciuto sia come il Distruttore che come il Creatore, personifica al contempo la fine di tutte le cose e la nuova vita che risorge dopo la distruzione. A differenza di Vishnu che "scende" nel mondo attraverso i suoi avatar, Shiva è nel mondo, nella natura, negli animali, nella sete stessa di vita propria di ogni essere vivente.

In quanto signore della natura e degli animali, è un guaritore, anzi, il guaritore supremo (Nilkantha): la sua gola è blu poiché egli ha ingerito il veleno che rappresenta la volontà di morte di tutte le creature. E’ la divinità più ricca di sfaccettature ed il più antico degli dèi. Ha 1008 nomi.









Come Nataraja, il danzatore cosmico simboleggia la distruzione del mondo e la liberazione delle anime. Rappresentato con 4 braccia, i suoi attributi caratteristici sono il tamburo e il fuoco (il tamburo simbolo dell’inizio della parola e della creazione e il fuoco simbolo della distruzione), la mano sinistra compie il gesto dell’elefante mentre la destra esprime il gesto della promessa di protezione, con un piede calpesta il demone nano liberando l’umanità dall’ignoranza e dai legami dell’esistenza, mentre l’altra gamba è sollevata per indicare la salvezza, il dinamismo della danza è sottolineato dai capelli agitati nella danza e dal fazzoletto fluttuante che egli ha sul fianco, dalla base del loto fuoriesce un arco di fuoco che corrisponde alla sacra sillaba AUM della creazione.








Ma la raffigurazione più diffusa di Shiva è quella di un asceta (Mahayogin) vestito solo con un piccolo panno di pelle di elefante e con al collo di colore azzurro scuro una catena di teschi umani, il corpo è imbrattato di cenere e i capelli intrecciati alla maniera del penitente, attorno al collo un cobra sulle cui cinque teste vi è una falce di luna a mò di corona (diversamente da Visnu che porta una corona regale e da Brama la cui corona non reca alcun emblema), attraverso i suoi capelli scorre il Gange e sulla fronte brilla il terzo occhio, siede su una pelle di tigre in meditazione. Lui, il fondatore dello yoga è l’espressione dell’asceta o del mendicante.








Ma è anche il grande dio della procreazione, lui e la sua sposa Parvati si fondono in un amplesso d’amore in un corpo unico, finalizzato non alla procreazione ma all’estasi. Egli viene venerato sotto il simbolo del fallo (Linga) mentre la sua consorte è simboleggiata dalla vulva (Yoni). Gli attributi caratteristici di Shiva del nord dell’India sono il tridente e il cobra, mentre quelli di Shiva del sud sono l’ascia e l’antilope. Le mani di quasi tutte le raffigurazioni di Shiva, che non reggono attributi, mostrano i gesti della promessa di protezione o dell’esaudimento del desiderio.


Figure femminili associate a Shiva sono: Parvati, Durga e Kali.





Parvati è la figura benevola, moglie di Shiva, sta al suo fianco o è seduta sulle sue ginocchia. Raffigurata per lo più con due braccia, in una mano tiene il fiore di loto o esprime il gesto del fiore di loto e l’altro braccio in lola-hasta pende sciolto lungo il fianco senza toccarlo, in piedi su una base di loto o seduta sulla pedana in postura giocosa.




Durga è “la poco accessibile”, la più potente delle dee che raccoglie in sé le forze di tutti i veleni e protegge gli uomini dalle aggressioni dei demoni. Fra i principali attributi: il disco e la conchiglia del dio Vishnu oltre le molte armi fornitele da Shiva, porta le decorazioni di Shiva e la stessa corona e sovente è rappresentata con tre occhi, il suo animale è il leone.




Kali “la nera”, personifica il tempo ed è la distruttrice del tempo (kala). Con sguardo selvaggio, armata di spada e cappio, adorna di una catena di teschi, nuda e smagrita, di bruttezza estrema, con una bocca spalancata e con la lingua di fuori, con occhi rossi, riempì il mondo con il suo urlo e fece tremare i demoni.


Il mito popolare considera due divinità figlie di Shiva, il dio Ganesha dalla testa di elefante e Skanda, il dio della guerra. Ganesha o Ganapati è la più popolare fra tutte le divinità, è il dio della saggezza che rimuove ogni genere di ostacoli. Lo si riconosce dal ratto e dal leone che lo accompagnano, di solito ha quattro braccia, i suoi attributi sono il cappio e il bastone a punta. Skanda è il più giovane figlio di Shiva, suo attributo è il gallo.
L’induismo, pur mantenendo un’unità originaria, si è frammentato in varie sette o scuole che si indirizzano verso l’adorazione di una divinità piuttosto che di un’altra: gli Shivaiti devoti di Shiva, i Vaishnava fedeli di Visnu, i Krishnaiti adoratori di Krishna, i Ganapa del dio Ganesha, gli Shakta della dea Shakti…