Gli
YOGA SUTRA DI PATANJALI rappresentano il testo base sullo Yoga. Risalgono ad un periodo compreso tra il 200 a.C. e il 200 d.C. e costituiscono lo Yoga Integrale, anche definito Ashtanga Yoga (lo yoga degli otto passi: yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana e samadhi) o Raja Yoga (lo yoga regale, lo yoga superiore meditativo che corrisponde agli ultimi 4 gradini e postula i 4 gradini precedenti dell’Hatha Yoga).
Si compongono di 195 aforismi (sutra) divisi in 4 capitoli (pada):
Samadhi (Coscienza cosmica),
Sadhana (Pratica spirituale),
Vibhuti (Poteri soprannaturali)
Kaivalya (Liberazione).
Il
SAMADHI PADA espone l’essenza dello Yoga nell’aforisma “Yoga Citta vritti nirodha”che significa “lo Yoga è la neutralizzazione delle fluttuazioni della mente” (Raja Yoga). Quindi classifica le diverse onde-pensiero (vritti) con cui l’uomo è portato ad identificarsi, propone le due vie della pratica devozionale e del non attaccamento per controllare le onde-pensiero, elenca le distrazioni mentali che ostacolano questo controllo, introduce il concetto del Dio personale Isvara il cui nome risiede nell’AUM e descrive i vari livelli di estasi interiore (samadhi) che ogni uomo può raggiungere attraverso la concentrazione mentale e la meditazione.
CAPITOLO 1 - SAMADHI PADA
1. Ora, la disciplina dello Yoga.
2. Yoga è la sospensione delle modificazioni della mente.
3. Realizzando ciò lo yogi dimora nella sua vera natura.
4. Negli altri stati, egli si identifica con le modificazioni della mente.
5. Le modificazioni della mente sono cinque e possono essere dolorose o non dolorose.
6. Esse sono: retta conoscenza, conoscenza errata, immaginazione, sonno e memoria.
7. La retta conoscenza si basa: sulla percezione diretta, sull’inferenza e sulla testimonianza delle Sacre Scritture.
8. La conoscenza errata è falsa conoscenza perché non fondata sulla vera natura dell’oggetto di conoscenza.
9. L’immaginazione, priva di fondamento reale, si fonda su fantasie mentali.
10. Il sonno è l’esperienza concreta del nulla.
11. La memoria è il trattenere l’oggetto sperimentato.
12. Il controllo delle cinque modificazioni della mente può aversi con la pratica ed il non attaccamento.
13. La pratica è l’esercizio costante della disciplina che porta a stabilizzare le modificazioni della mente.
14. La pratica diviene stabile quando è fatta per lungo tempo, ininterrottamente e con sincera devozione.
15. Il non attaccamento è la consapevole padronanza di colui che è libero dal desiderio degli oggetti che vede e ode.
16. Lo stato supremo di non attaccamento si realizza quando si trascendono le qualità (guna) della natura (Prakrti) e si prende consapevolezza del sé (Purusha).
17. La condizione di conoscenza (Samprajnata Samadhi o samadhi con prajna) è quella accompagnata dall’argomentazione, dalla riflessione (vicara), dalla beatitudine e dal senso dell’”io sono”.
18. Un’altra contemplazione conoscitiva (Asamprajnata samadhi o samadhi senza prajna) è quella in cui la coscienza non contiene oggetti ma solo impressioni subconscie residue e si ottiene con la pratica costante di sospensione dell’attività mentale.
19. La conoscenza (Samadhi) è acquisita naturalmente (per nascita) dai disincarnati e da coloro che sono assorbiti nella natura (prakrti).
20. Altri (gli yogi praticanti) la raggiungono con la fede (sraddha), la volontà (virya), la memoria (smrti), la concentrazione meditativa (dhyana) e l’intelligenza discriminante (prajna).
21. E’ molto vicina per coloro dalla volontà molto forte.
22. Ma con una distinzione, a seconda dei diversi livelli di impegno.
23. La conoscenza (Samadhi) si ottiene anche con l’abbandono a Isvara (Dio).
24. Isvara (Purusha- Persona) non è toccato dalle afflizioni (klesa), dalle azioni (karma), dalle fruizioni della azioni (karma positivo e negativo) e dai semi delle azioni (samskara).
25. Egli è il Supremo Principio di onniscienza.
26. Non essendo condizionato dal tempo, Egli è il Maestro di tutti i Maestri.
27. Egli è il pranava AUM.
28. La sacra sillaba AUM va ripetuta costantemente meditando sul suo significato.
29. La meditazione sull’AUM porta all’introspezione e alla rimozione di ogni ostacolo.
30. Gli ostacoli che si frappongono alla conoscenza sono: la malattia, l’indolenza, la negligenza, la pigrizia mentale, il dubbio, l’attaccamento agli oggetti, la falsa percezione, l’instabilità nella concentrazione.
31. Queste distrazioni mentali sono sempre accompagnate dallo sconforto, dalla disperazione, dall’irrequietezza e dalla respirazione irregolare.
32. E’ possibile rimuoverle concentrandosi su un solo principio di verità.
33. La mente si rasserena coltivando l’amicizia, la compassione, la contentezza e l’equanimità verso il piacere e il dolore, le virtù e i vizi.
34. E’ possibile acquietare la mente anche attraverso l’espirazione o la ritenzione del respiro (prana).
35. Oppure, ancora, con attività supersensoriali che stabilizzano la mente.
36. Oppure osservando la Luce interiore priva di dolore.
37. Oppure meditando sulle anime illuminate, libere dalle passioni.
38. Oppure meditando su un’esperienza di sogno o di sonno profondo privo di sogni.
39. O, infine, meditando su un oggetto gradito.
40. La padronanza dello yogi si estenderà dal più piccolo atomo alla grandezza infinita.
41. Come un cristallo trasparente, colui che ha arrestato le modificazioni mentali (vritti) riflette la realtà per quella che è e realizza l’identità tra il soggetto della conoscenza, l’oggetto della conoscenza e la conoscenza.
42. Il Savitarka Samadhi è la conoscenza empirica ancora fondata sulle parole, sul significato e sulla percezione dei sensi.
43. Nello stato più alto del Nirvitarka Samadhi, la memoria è purificata e la mente è in grado di percepire la vera natura delle cose.
44. Analogamente a questi due livelli di samadhi, è possibile spiegare i livelli di samadhi ancora più elevati (Savichara e Nirvichara Samadhi); ma in questi stati gli oggetti della contemplazione sono molto più sottili.
45. L’oggetto sottile si estende e termina in alinga (l’ultimo stadio dei guna, privo di forma e indifferenziato).
46. Questi tipi di samadhi sono detti con “seme” (Sabija Samadhi) e non consentono la liberazione dal ciclo delle rinascite.
47. Nello stato di Nirvichara Samadhi la mente raggiunge la massima purezza mentale e si consegue la calma interiore.
48. In questa calma interiore si raggiunge la Conoscenza, piena di Verità.
49. La Conoscenza che deriva dal samadhi è diversa dalla conoscenza ottenuta dall’inferenza e dallo studio delle scritture. E’ una conoscenza intuitiva che va oltre il sapere ordinario, è una conoscenza superiore.
50. L’impressione lasciata nella mente da quel samadhi cancella tutte le impressioni del passato.
51. Quando vengono cancellate anche le impressioni create da quel samadhi, in modo che non ci siano più fluttuazioni della mente, allora si raggiunge il samadhi “senza seme” (Nirbija Samadhi).
Il
SADHANA PADA getta le basi dello Yoga pratico dell’azione (Kriya Yoga) nell’autodisciplina, studio del Sé e devozione a Dio, elenca gli ostacoli (klesa) all’illuminazione che sono fonti di sofferenza includendovi anche le impressioni sottili (samskara) e le tendenze latenti (karma), vede nell’ignoranza (avidya) cioè nell’identificazione dell’uomo con gli oggetti esterni la fonte di tutti gli ostacoli e nella discriminazione (viveka) il superamento dell’ignoranza. Quindi propone per la realizzazione del Sé lo yoga degli otto passi (Ashtanga) con i primi 5 gradini che curano gli aspetti esteriori dello Yoga (bahiranga): yama e nyama riguardano le norme di comportamento esteriore e gli atteggiamenti interiori, sono i divieti e le osservanze (non violenza-ahimsa, satya-verità, brahmacharya-controllo dell’energia sessuale, asteya-astenersi dal rubare, aparigraha-non attaccamento; santosha-appagamento, shaucha-purezza, svadiyaya-studio del sé, tapas-autodisciplina, Isvara pranidhana-resa al divino); asana indica più che le posizioni yoga descritte nei testi classici dell’hatha yoga la postura o la capacità di sedersi “fermi e comodi” per poter meditare; pranayama più che gli esercizi di respirazione dell’hatha yoga indica le tecniche in generale di controllo del prana (energia vitale) per dirigere l’energia interiormente e in alto verso il cervello, impedendone la dispersione nei sensi esteriori; pratyahara è l’interiorizzazione o il ritiro della mente dagli oggetti sensoriali esterni per convogliare l’energia nei centri superiori del cervello.
CAPITOLO 2 - SADHANA PADA
1. Lo yoga pratico dell’azione (Kriya Yoga) è costituito dall’austerità (tapas), dallo studio del sé (svadyaya) e dall’abbandono al divino (Isvara pranidhana).
2. La pratica del Kriya Yoga allevia le afflizioni (klesa) e conduce al samadhi.
3.Le cause delle afflizioni (klesa) fonti di sofferenza dell’uomo sono cinque: l’ignoranza (avidya), l’egoismo (asmita), l’attrazione (raga), la repuslione (dvesa) e l’attaccamento alla vita (abhinivesa).
4. L’ignoranza (avidya) è la sorgente di ogni afflizione (klesa) sia in forma latente, in forma attenuata, in modo intermittente o in tutta la pienezza.
5. L’ignoranza consiste nel confondere ciò che è permanente con ciò che è transitorio; ciò che è puro con ciò che è impuro; la gioia con il dolore e l’atman con il non atman.
6. L’egoismo (asmita) consiste nell’identificarsi colui che osserva con l’oggetto dell’osservazione.
7. L’attrazione (raga) si fonda sulla ricerca del piacere.
8. La repulsione (dvesa) si fonda sull’avversione al dolore.
9. L’attaccamento alla vita (abhinivesa), frutto del desiderio, si perpetua automaticamente e domina anche il saggio.
10. Queste afflizioni divenendo sottili possono essere attenuate, controllate e dissolte.
11. Le modificazioni della mente generate dalle afflizioni possono essere superate attraverso la meditazione.
12. Le esperienze accumulate nelle vite passate (karma), che originano dalle afflizioni, verranno rivissute nella vita presente e in quelle future.
13. Sino a che permangono le radici delle azioni (karma), il ciclo delle rinascite non avrà fine e le esperienze si ripeteranno nel corso della vita.
14. Ogni rinascita può essere piacevole o dolorosa, a seconda se la causa è di merito o demerito.
15. Il saggio che discerne sa che vi è solo sofferenza, a causa del cambiamento, del dolore, degli impulsi karmici, dei conflitti derivanti dal funzionamento dei guna e dalle modificazioni della mente (vritti).
16. E’ doveroso evitare le sofferenze future.
17. La causa della sofferenza da evitare è l’identificazione del percipiente con il percepito.
18. L’oggetto percepito, formato dagli elementi grossolani e dagli organi sensoriali, ha come natura i tre guna e come fine la sperimentazione e la liberazione.
19. I tre guna agiscono secondo quattro stadi: definito, indefinito, differenziato e indifferenziato.
20. Il saggio percipiente è pura coscienza; per quanto puro egli vede attraverso le distorsioni della mente.
21. La natura visibile (prakrti) esiste solo in funzione del Purusha.
22. Per colui che ha raggiunto la liberazione, la natura visibile diviene inesistente, anche se permane essendo ancora comune agli altri.
23. Il ricercatore e l’oggetto della conoscenza si identificano e ciò consente al saggio di scoprire l’autentica natura di entrambi.
24. L’ignoranza è la causa della falsa identificazione del soggetto con l’oggetto della conoscenza.
25. Quando l’ignoranza è sconfitta, cessa questa identificazione ed il soggetto conquista la liberazione (kaivalya).
26. Il mezzo per sconfiggere l’ignoranza è la pratica costante del discernimento (viveka).
27. La conoscenza perfetta si raggiunge in sette stadi.
28. Appena tutte le impurità sono state rimosse con la pratica dei mezzi yoga, si consegue l’illuminazione che conduce al pieno discernimento.
29. Le otto parti (anga) dello Yoga sono: yama (divieti), nyama (osservanze), asana (posizione), pranayama (controllo dell’energia), pratyahara (ritiro della mente dai sensi), dharana (concentrazione), dhyana (meditazione), samadhi (contemplazione).
30. Le proibizioni (yama) sono: non violenza (ahimsa), non falsità (satya), non appropriazione (asteya), non dispersione (brahmacarya) e non possessività (aparigraha).
31. Questi rappresentano il grande voto e si estendono a tutti e sette gli stadi dell’illuminazione senza riguardo alla classe, al luogo, al tempo e alle circostanze.
32. Le osservanze (nyama) sono: purezza (sauca), appagamento (samtosa), austerità (tapas), studio del sé (svadyaya) e devozione a Dio (Isvara pranidhana).
33. Quando la mente è turbata dai pensieri nocivi, bisogna coltivare pensieri di qualità opposta.
34. I pensieri nocivi sono la violenza e le altre cause di danno a sé e agli altri. Possono essere indotti personalmente, imposti o approvati da altri; possono essere motivati dall’avidità, dall’ira e dall’annebbiamento; possono essere moderati, medi o forti. Il loro frutto è il dolore e l’ignoranza senza fine; perciò è necessario coltivare pensieri opposti.
35. Quando lo yogi è fermamente stabilito nella non violenza, tutte le creature viventi cessanno di provare ostilità in sua presenza.
36. Quando lo yogi è fermamente stabilito nella verità, le sue parole divengono così potenti che, qualunque cosa egli dica, questa si realizza.
37. Quando lo yogi è fermamente stabilito nell’onestà, a lui giunge ogni ricchezza.
38. Quando lo yogi è fermamente stabilito nella continenza sessuale, lui acquista energia.
39. Quando lo yogi è fermamente stabilito nel non attaccamento, ottiene la conoscenza del perché della rinascita.
40. Dalla purificazione del corpo (esteriore) nasce il disgusto per la propria forma-corpo e per quella degli altri.
41. La purificazione della mente (sattva) genera atteggiamento positivo, potere di concentrazione, controllo sui sensi e la chiara visione del sé.
42. Con l’appagamento si ottiene la felicità suprema.
43. L’austerità rimuove le impurità e quindi fa acquisire il dominio sugli organi dei sensi (jnanadriya) e del corpo (karmendriya).
44. Lo studio del sé conduce all’unione con il Divino.
45. La devozione a Dio (Isvara) porta all’illuminazione finale (samadhi).
46. La posizione (Asana) deve essere stabile e comoda.
47. La posizione diventa stabile e comoda rilassando ogni tensione e meditando sull’Infinito (ananta).
48. Da questo momento, non si è più turbati da ogni dualità.
49. Dopo aver conseguito la perfezione dell’asana, deve seguire il Pranayama che è la cessazione dei movimenti dell’inspirazione e dell’espirazione.
50. Esso è interno, esterno o stabile; è regolato dallo spazio, dal tempo e dal numero; è prolungato o breve.
51. Il quarto stadio trascende quello interno ed esterno.
52. Grazie ad esso è rimosso il velo che oscura la Luce interiore della conoscenza.
53. E anche la mente ottiene il potere di concentrazione.
54. Il Pratyahara consiste nel ritirare la mente e gli organi sensoriali dagli oggetti sensoriali.
55. Da ciò deriva il totale dominio sui sensi.
Il
VIBHUTI PADA completa l’esposizione degli otto passi (Ashtanga) con gli ultimi tre gradini che curano gli aspetti interiori dello yoga (antaranga) che, operando insieme, sono anche definiti samyama: dharana è la concentrazione mentale su un oggetto, dhyana è la vera meditazione dove il soggetto rimane assorbito nell’oggetto, samadhi è la dissoluzione dell’ego e il riconoscimento dell’uomo nell’identità universale. Quindi elenca i poteri soprannaturali (siddhi o vibhuti) cui la pratica del samyana naturalmente conduce.
CAPITOLO 3 - VIBHUTI PADA.
Si ottiene la concentrazione (dharana) quando la mente (citta) è fissa in un punto.
2. La meditazione (dhyana) è temere la mente ferma fissa ininterrottamente su questo punto.
3. La meditazione che fa risplendere la vera natura dell’oggetto e non la sua rappresentazione mentale, diventa contemplazione (samadhi).
4. Dharana, dhyana e samadhi sono tre stadi di un unico processo, detto Samyama.
5. Padroneggiando il Samyama si consegue la Luce della conoscenza.
6. Esso deve essere applicato per gradi.
7. Questi tre stadi dello yoga sono più interni rispetto ai cinque stadi precedenti.
8. A sua volta, anche samyama è esterno se confrontato al samadhi senza seme.
9. Nirodhaparinama è la condizione della mente che per un attimo si arresta (nirodha) tra la scomparsa di una impressione e l’avvento dell’impressione mentale successiva.
10. Questa condizione diviene stabile con l’esercizio continuo.
11. Samadhiparinama si ha quando scompaiono gradualmente tutte le distrazioni mentali e la mente si concentra su un punto (seme).
12. Ekagrataparinama è l’attenzione perfettamente concentrata che si ha quando il contenuto mentale che ora entra è uguale a quello che sorge nel momento successivo.
13. Allo stesso modo della mente si compie anche la trasformazione degli elementi (bhuta) e dei sensi (hindriya).
14. Siano essi manifesti o latenti originano da una unica sostanza (prakrti).
15. La causa delle modificazioni evolutive è nella legge naturale.
16. Praticando samyama sulle tre modificazioni mentali precendenti (nirodha, samadhi e ekagrata parinama) si acquisisce la conoscenza del passato e del futuro.
17. Il suono (sabda) è percepito confuso e sovrapposto al suo significato e all’idea. Praticando samyama per distinguerli si conquista la conoscenza del linguaggio di tutti gli esseri viventi.
18. Praticando samyama sulle impressioni (samskara) si ottiene la conoscenza delle vite precedenti.
19. Praticando samyama sulla mente altrui si ha la conoscenza del suo contenuto mentale (citta).
20. Non però delle motivazioni specifiche che superano i contenuti della mente.
21. Praticando samyama sulla forma del proprio corpo si diventa in grado di sospendere le emanazioni luminose che irradiano dal proprio essere in modo da rendersi invisibile. Da ciò anche il suono o altro può scomparire.
22. Il karma può essere attivo o assopito. Praticando samyama o seguendo certi segni si ha la preveggenza della morte.
23. Praticando samyama sull’amicizia ed altri sentimenti si ottengono poteri su quella qualità.
24. Praticando samyama sulla forza, come quella dell’elefante, si ottiene quel tipo di forza.
25. Praticando samyama sulla Luce interiore , si ottiene la conoscenza di ciò che è sottile, nascosto o remoto.
26. Praticando samyama sul sole, si consegue la conoscenza dei mondi.
27. Praticando samyama sulla luna, si consegue la conoscenza della disposizione delle stelle.
28. Praticando samyama sulla stella polare, si ottiene la conoscenza sui moti delle stelle.
29. Praticando samyama sul centro dell’ombelico, si conquista la perfetta conoscenza del corpo umano.
30. Praticando samyama sulla cavità della gola, si ottiene la cessazione della fame e della sete.
31. Praticando samyama sul tubo bronchiale (kurmanadi), si acquisisce assoluta immobilità.
32. Praticando samyama sulla luce alla sommità del capo (sahasrara chakra), si ottiene la visione degli esseri perfetti.
33. Con il potere dell’illuminazione (pratibha) si ha la perfetta conoscenza di ogni cosa.
34. Praticando samyama sul cuore si ottiene la consapevolezza della natura della mente.
35. L’esperienza deriva dall’incapacità di diversificare la pura consapevolezza (purusha) fine a se stessa dalla pura intelligenza (sattva) esistente per l’interesse di un altro. Samyama sul fine è lo strumento con cui è possibile cogliere la differenza.
36. Da ciò nascono l’intuizione e i cinque sensi.
37. Essi sono poteri nel mondo materiale esterno, ma ostacoli al samadhi.
38. Liberandosi dai legami del karma e conoscendo i passaggi, è possibile entrare nel corpo di un altro.
39. Con il dominio delle correnti vitali ascendenti (udana) si è in grado di camminare sull’acqua, sul fuoco e sulle spine tramite la levitazione.
40. Con il dominio delle correnti vitali equilibranti (samana) si conquista il controllo sulle forze del fuoco.
41. Praticando samyama sul rapporto tra l’orecchio e l’etere (akasa) si ottiene l’audizione di suoni sottili.
42. Praticando samyama sul rapporto tra il corpo e l’etere, acquistando la leggerezza di una fibra di cotone, si è in grado di viaggiare nello spazio.
43. Praticando samyama sulle modificazioni della mente quando essa è separata dal corpo (mahavideha o Grande Disincarnazione), viene rimosso il velo che ricopre la Luce della conoscenza.
44. Praticando samyama sui cinque elementi (panchabhuta), sulle loro forme sottili e grossolane, sulle loro caratteristiche e finalità, si ottiene il dominio su di essi.
45. Da ciò deriva la perfezione del corpo, la liberazione degli ostacoli e la capacità di contrarsi e di espandersi a piacimento.
46. La perfezione del corpo include la bellezza,la grazie, la forza e la compattezza adamantina.
47. Praticando samyama sugli organi di senso (indriya), sul loro potere, sulla loro natura, sul loro riferimento all’io, sulla loro immanenza e finalità si ottiene il dominio su di essi.
48. Da ciò il potere di muoversi rapidamente come la mente, di usare gli organi sensoriali fuori dei confini del corpo e di dominare la natura (prakrti).
49. Praticando samyama sulla discriminazione tra purusha e sattva si ottiene l’onnipotenza e l’onniscienza.
50. Dal non attaccamento persino al potere di onnipotenza e onniscienza svanisce il seme del legame a cui segue la liberazione (kaivalya).
51. Quando si è contattati dalle alte sfere celestiali, bisogna evitare di provare piacere ed orgoglio perché vi è ancora il pericolo di ricadere.
52. Praticando samyama sui singoli momenti e sulla loro successione nel tempo si conquista la conoscenza che viene dalla discriminazione.
53. Da ciò deriva la capacità di distinguere tra oggetti simili, anche se non sono distinti in base alle specie, alle caratteristiche e alla posizione occupata nello spazio.
54. Tale conoscenza discriminativa è liberatrice e comprende simultaneamente tutti gli oggetti, senza partecipare ai processi del tempo e del cambiamento.
55. Quando la purezza del sattva riflette la stessa purezza del Purusha, si ha la liberazione totale (kaivalya).
Il
KAIVALYA PADA descrive la natura del desiderio e ribadisce la pratica della discriminazione (viveka) per raggiungere lo stato ultimo della liberazione (kaivalya).
CAPITOLO 4 - KAIVALYA PADA
1.I poteri (siddhi) possono essere conseguiti per nascita o con l’uso di droghe o con la ripetizione di parole sacre (mantra), o con l’autodisciplina (tapas) o, ancora, con la meditazione profonda (samadhi).
2. La trasformazione di una specie in un’altra avviene con il libero fluire dell’energia della natura (prakrti).
3. Le buone o cattive azioni non sono le cause dirette della trasformazione. Esse contribuiscono solo a rimuovere gli ostacoli che si frappongono all’evoluzione; proprio come l’agricoltore che irrigando il campo elimina gli ostacoli che impediscono all’acqua di fluire.
4. Le menti generate discendono unicamente dal senso dell’ego (l’io sono).
5. Un’unica mente originaria dirige le attività delle diverse menti generate.
6. Dei vari tipi di mente, solo quella che emerge dalla meditazione è esente dalle impressioni latenti del karma.
7. Le azioni (karma) di uno yogi non sono né pure (bianche) né impure (nere). Le azioni di tutti gli altri sono di tre tipi: bianche, nere o grigie.
8. Dai tre tipi di karma si manifestano solo le tendenze (vasana) in accordo con la natura delle cause.
9. A causa della stretta relazione esistente tra la memoria e le impressioni subliminali (vasana), queste permangono anche in una vita successiva con specie, spazio e tempo differenti.
10. Come il desiderio di esistere è sempre presente, così queste impressioni non hanno origine nel tempo.
11. Poiché le impressioni sono legate insieme da causa ed effetto, eliminando le cause di queste si eliminano anche gli effetti.
12. Il passato e il futuro esistono come il momento presente; la differenza delle condizioni temporali dipende dalle proprietà della Natura (prakrti).
13. Queste proprietà, manifeste o non manifeste, partecipano della natura dei guna.
14. Un oggetto è tale a causa dell’unicità nelle proporzioni dei tre guna.
15. Lo stesso oggetto sembra differente a menti diverse. Quindi la mente deve essere qualcosa di diverso dall’oggetto.
16. Un oggetto non dipende dalla percezione di una sola mente, altrimenti cosa accadrebbe se quella mente non lo percepisse?
17. Un oggetto viene conosciuto o ignorato se stimola e colora o meno la mente.
18. Le modificazioni della mente sono sempre note al Signore della mente, il Purusha perché Egli è immutabile.
19. La mente non brilla di luce propria, poiché è essa stessa percepibile.
20. La mente non può conoscere simultaneamente percipiente (soggetto) e percepito (oggetto).
21. Se si avanzasse l’ipotesi che la mente venisse percepita da un’altra mente, si avrebbe la mente che percepisce la mente in una serie che si estende all’infinito e una confusione nei ricordi.
22. La coscienza che non riflette i vari livelli della mente (citta), riposa in se stessa e si autosvela nella sua natura.
23. La mente colorata da colui che conosce (Purusha) e dalla cosa conosciuta, comprende ogni cosa.
24. La mente, quantunque colorata da innumerevoli impressioni (vasana), esiste per servire il Purusha perché agisce in associazione.
25. Per chi vede la distinzione tra la mente e il sé, il senso della loro separatezza si dissolve.
26. Allora la mente si volge alla discriminazione e va verso la liberazione (kaivalya).
27. Di tanto in tanto compaiono altre impressioni passate (pratyaya) derivanti dai samskara.
28. La risoluzione di queste impressioni (vasana) è la stessa dei klesa.
29. Lo yogi che non ha più attaccamento , nemmeno ai frutti della meditazione, ed effettua la discriminazione consapevole (viveka), consegue il dharma megha samadhi (la nuvole di virtù).
30. E consegue la liberazione dai klésa e dal karma.
31. Rimossi i veli delle impurità, si raggiunge il più elevato e perfetto grado di conoscenza e tutto ciò che è finito appare banale.
32. Il processo di modificazione nei tre guna ha termine, avendo essi raggiunto il loro scopo.
33. Kramah è la successione dei mutamenti che avvengono in ogni momento (ksana) e che è conoscibile solo alla fine della loro successione.
34. Kaivalya (liberazione) è lo stato del riassorbimento dei tre guna perché privi di scopo per il Purusha; si ha kaivalya quando la coscienza è fondata sulla sua propria essenza.